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Allarme demografico. Sovrapopolazione e spopolamento dal XVII al XXI secolo

Scipione Guarracino
Milano, Il Saggiatore, 222 pp., € 18,00

Anno di pubblicazione: 2016

Il libro ripercorre «tre secoli di idee, teorie e ideologie demografiche nel loro intreccio
con i percorsi della storia reale» (p. 190). L’allarme del titolo non riguarda, se non
marginalmente, la situazione demografica attuale o le sue proiezioni future, ma le preoccupazioni
che, a partire dal ’600, hanno caratterizzato le visioni demografiche di studiosi,
governanti, religiosi, artisti: preoccupazioni relative alle dimensioni di una popolazione e
alle sue dinamiche, alle minacce di una crescita catastrofica oppure al rischio di estinzione,
all’acuirsi di squilibri nella composizione sociale, etnica, religiosa, e nella distribuzione
territoriale di popoli diversi.
Sono temi che riemergono con urgenza nella cronaca quotidiana e nella narrazione
della crisi contemporanea: la loro riproposizione ossessiva, associata a una diffusa sensazione
di impotenza, genera allarmi, rinfocola antiche paure, giustifica reazioni politiche
improvvide. Ben venga dunque uno sguardo retrospettivo, capace di collocare nella loro
dimensione storica le radici profonde e a volte oscure di ideologie che tendono periodicamente
a ripresentarsi sotto forme solo superficialmente diverse. L’a. mostra come
tali allarmi siano sempre infondati e spesso ispirati a ideologie conservatrici quando non
schiettamente reazionarie.
Il libro si presenta come un catalogo di errori, previsioni o minacce regolarmente
smentite dai fatti, e degli orrori posti talora in atto per porvi rimedio. La galleria dei
protagonisti è affollatissima: si va dagli ingegnosi calcoli dell’aritmetica politica sei-settecentesca,
alle utopie del tardo illuminismo, alle minacciose conseguenze delle ferree leggi
«di natura» malthusiane e al dibattito che vi ha fatto seguito, a Darwin e alle aberrazioni
del darwinismo sociale e dell’eugenica, agli incubi di spopolamento della vecchia Europa,
sopraffatta dalla crescita dei popoli orientali, fino agli scenari apocalittici della bomba demografica,
alle fantasie distopiche che ne sono generate, e alle politiche di contenimento
messe crudelmente in atto da governi dispotici. A comporre il quadro concorrono non
solo studi scientifici o pretesi tali, ma pamphlet, romanzi, film.
Se affastellare opere accademiche, letterarie e cinematografiche può rendere efficacemente
il carattere pervasivo delle ideologie che le accomunano, tende però ad appiattire
in una sola dimensione questioni e contributi di diverso rilievo. Alla fine si esce dal libro
come da un museo delle cere, un po’ frastornati, e con il dubbio che l’efficacia del messaggio
sacrifichi la complessità dei temi trattati. Prendiamo Malthus: le sue funeste previsioni
possono essere state smentite (finora…) dai fatti, ma il modello che ha delineato
è imprescindibile per comprendere le dinamiche delle economie preindustriali. E mentre
si dà molto spazio agli avversari ottocenteschi di Malthus, non si parla dei contributi più
recenti, da Esther Boserup a Partha Dasgupta. Gli studiosi potranno stupirsi di simili
assenze. Un lettore meno esperto potrebbe trarne l’impressione che modelli demografici e
previsioni siano un esercizio inutile quando non dannoso: speriamo di no.

Renzo Derosas