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Alternativa mazziniana

Francesco Leoncini
Roma, Castelvecchi, 341 pp., € 35,00

Anno di pubblicazione: 2018

Nel contesto della notevole recente quantità di studi dedicati alla Grande guerra, Leoncini, già curatore de Il patto di Roma e la legione ceco-slovacca: tra Grande Guerra e nuova Europa (Vittorio Veneto, Kellermann, 2014), illustra un mancato ma affascinante esito del conflitto riguardante l’Italia e alcune nazioni che realizzarono un proprio Stato a seguito del disfacimento dell’Impero austro-ungarico, come Cecoslovacchia e Regno Shs.
Poiché tale esito in buona parte trovava ispirazione nelle idee di Mazzini, egli lo definisce «Alternativa mazziniana».
Al tema su cui si innerva l’opera l’a. non arriva dalla storia italiana, bensì da quella degli altri popoli con i quali durante e al termine del conflitto il ceto politico italiano avrebbe potuto e dovuto collaborare. Sulla scia della precedente produzione scientifica di Leoncini del libro sono protagonisti Masaryk, Beneš, Štefánik e altri, al fianco degli interventisti democratici italiani. Quella alleanza nel nome delle idee mazziniane e più ge- neralmente dell’idea di nazionalità non si trasformò, è noto, in azione politica e di gover- no. Si arenò sulla questione adriatica che finì per contrapporre quanti avrebbero dovuto essere alleati. Contro l’alternativa mazziniana giocò la non sempre facile determinazione condivisa di giusti confini tra una nazione e l’altra, ma pesò anche l’idea di molti di fare dell’Italia, dopo tante perdite, una potenza di primo piano. Peraltro, se i principali vinti della Grande guerra furono gli Imperi multinazionali, tra i vincitori vi erano potenze de- finibili imperiali. Finì con una lunga e ritornante contesa tra Roma e Belgrado, ma anche con rapporti non molto cordiali tra Cecoslovacchia e Italia.
Le idee di Mazzini non costituirono più la cartina di tornasole della nuova realtà europea, ma furono al più sfruttate in modo ambiguo e strumentale. Le caratteristiche dei nuovi Stati sorti sulle ceneri degli Imperi peraltro non aiutavano molto a inverare quelle idee: per l’a. questo tuttavia non è un fattore prevalente. Mazzini aveva immaginato che le nazioni, compiuto il proprio Risorgimento, dovessero collaborare in modo fraterno, ma con il tempo aveva compreso che in particolari contesti non era possibile realizzare il vero Stato nazionale, se non come entità inclusa in una Confederazione: ciò valeva in partico- lare per l’area danubiano-balcanica vista la commistione dei popoli che la caratterizzava.
A quasi mezzo secolo dalla morte dell’Apostolo della libertà, tuttavia, le nuove formazioni statali presentavano pericolosi elementi di contraddizione ed eterogeneità, che potevano essere disinnescati soltanto da una grande abilità politica e se fosse prevalso uno spirito di collaborazione tra i popoli (in luogo del nazionalismo e del protezionismo). Non fu così e non è facile attribuirne solo ad alcuni la responsabilità come suggerisce il giudizio severo dell’a. sul mondo tedesco, ancora non dominato dalla ideologia nazional-socialista. Ciò nulla toglie alla messe di informazioni e valutazioni critiche che il lettore trova nell’opera di Leoncini, sebbene egli sia in qualche caso selettivo nei riferimenti storiografici.

Francesco Guida