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Amore e libertà. Storia dell’Aied

Gianfranco Porta
prefazione di Emma Bonino, Roma-Bari, Laterza, XV-265 pp., € 18,00

Anno di pubblicazione: 2013

Quella dell’ Associazione italiana per l’educazione demografica è una storia che meritava di essere scritta, perché nel dar conto di come è stata pensata e regolata la sessualità (non l’amore del titolo) nell’Italia repubblicana coglie una pagina significativa del complicato processo di modernizzazione italiano. A raccontarla in tre densi capitoli è uno dei dirigenti dell’Aied, presidente della sezione di Brescia, collaboratore della Fondazione Micheletti, autore di diversi lavori di storia, per lo più dedicati alla storia politica e del lavoro.
Fondata nel 1953 a Milano, l’Aied nacque in area laica e democratica, sostenuta da Gaetano Salvemini, Piero Calamandrei, Ernesto Rossi, Adriano Olivetti tra altri. Suo primo obiettivo politico era l’abolizione dell’articolo 553 del codice penale, che vietava propaganda e vendita di metodi contraccettivi e che, fissato da Rocco nel 1930, era sopravvissuto intatto alla transizione repubblicana, fino alla sua abolizione nel 1971. L’associazione aveva altresì finalità sociali e culturali. Promosse e organizzò consultori pubblici e iniziative nelle periferie disagiate, dalle borgate romane ai quartieri popolari di Palermo, coordinò incontri e attività per promuovere una cultura della procreazione consapevole, considerandola come il primo e più efficace strumento di contrasto dell’aborto clandestino e di promozione sociale. Quest’attenzione si collegava a una sensibilità globale, che in quegli anni stava muovendo una discussione internazionale sull’incremento demografico, mentre in Italia si scontrava con resistenze più o meno esplicite: da quelle radicate della Dc, della Chiesa cattolica e delle destre, alle sfiancanti cautele del Pci in materia di morale familiare, mentre trovò sostegno solo nell’area laica e socialista e nel movimento femminista.
Giovandosi delle fonti inedite dell’archivio dell’Aied, Porta ha ricostruito con attenzione il dibattito e le reti che portarono alla fondazione dell’associazione; l’intensa attività degli anni ’60, tra la creazione dei consultori, gli scontri politici e le iniziative per l’abolizione dell’articolo del codice penale; le trasformazioni nell’associazione all’indomani della vittoria sull’articolo 553 e l’azione in materia di aborto e diritti riproduttivi nei decenni successivi, fino agli anni ’90.
L’analisi di Porta privilegia la ricostruzione delle vicende istituzionali e della vita dell’associazione, mentre rimangono più sullo sfondo sia il rapporto con l’azione sociale sul territorio nella sua interazione con il movimento femminista, sia le connessioni con la dimensione propriamente giuridica della parabola dell’articolo 553. Ne emerge la storia di un rilevante esperimento pedagogico di massa, portato avanti da una minoranza politica e intellettuale, poco in sintonia con le concezioni latamente organicistiche della sessualità e della famiglia prevalenti nella cultura e nella politica italiana e molto, invece, con una politica dei diritti civili, della responsabilità individuale e di una ridefinizione dei rapporti familiari che si faceva strada in altri paesi, soprattutto di area anglofona.

Emmanuel Betta