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Andrea Miccichè – Euskadi socialista. Il Psoe e la transizione alla democrazia nei Paesi baschi (1976-1980) – 2010

Andrea Miccichè
Soveria Mannelli, Rubbettino, 214 pp., Euro 17,00

Anno di pubblicazione: 2010

Il volume di Miccichè, di cui è stata pubblicata una prima edizione in spagnolo nell’anno 2009, si occupa di un argomento tanto importante quanto relativamente poco conosciuto com’è quello del Partito socialista nei Paesi baschi. Il socialismo basco è stato, infatti, dalle sue origini una delle colonne portanti del socialismo e del movimento sindacale spagnolo, mentre nei Paesi baschi il forte radicamento dei socialisti ha più volte costituito una sorta di contrappeso al potere del Partido nacionalista vasco (Pnv), nell’ambito di un sistema politico con caratteristiche diverse da quelle del resto dello Stato. Il libro rende evidente quanto la transizione basca abbia ulteriormente rafforzato la singolarità del suo sistema politico, attraverso uno svolgimento «anomalo» della prima nel quale avrebbe avuto un ruolo di grande rilievo quella che l’a. reputa un’«impetuosa baschizzazione della società e del mondo politico locale, intesa come diffusione, esaltazione di tematiche, simboli, obiettivi e slogan di chiara derivazione nazionalista» (p. 35). Alle radici di tale fenomeno si troverebbe, ovviamente, l’influenza del movimento nazionalista basco, ma sarebbe anche stata di particolare importanza l’apertura del Partito socialista basco durante la transizione verso il nazionalismo e le sue tematiche. Quest’ultimo, per la verità, è un percorso che troviamo tra i socialisti anche in altre realtà dello Stato, nell’ambito di una federalizzazione del Partito che riguarda non solo aspetti organizzativi ma anche di atteggiamento verso le «questioni nazionali» presenti sul territorio spagnolo. Ma nella zona più calda e instabile del paese, l’impostazione dei socialisti baschi di costruire «una forza politica che facesse da ponte tra Stato e nazionalità, che rendesse compatibili identità basca e appartenenza alla realtà plurinazionale spagnola» (p. 192), aveva una valenza fondamentale, dal momento che implicava la possibilità di una definitiva stabilizzazione del sistema politico, mettendo le basi per la fine del terrorismo. Il volume mostra efficacemente le tappe del fallimento di questo tentativo, inghiottito dalla complessità delle dinamiche basche, il che non vuol dire che negli anni successivi tale impostazione fosse destinata a una sorta di binario morto. In fondo, l’incisiva metafora del pendolo, utilizzata con successo dalla storiografia per rendere intelligibile la variabilità delle logiche nazionaliste del Pnv nella sua storia, potrebbe anche tornare in qualche modo utile se applicata all’impostazione del Partito socialista basco nei suoi intricati rapporti verso la questione basca e il mondo nazionalista nella Spagna democratica. Allo stesso modo, la possibilità di una «Euskadi socialista» non è detto che non possa in futuro proporsi come un’alternativa effettivamente percorribile al modello dell’Euskadi nazionalista, anche nell’ambito degli improvvisi e spesso imprevedibili rovesciamenti del panorama politico basco che hanno caratterizzato gli ultimi tempi, il che costituisce un ulteriore elemento di richiamo di questo interessante lavoro.

Jorge Torre Santos