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Andrea Ungari – In nome del re. I monarchici italiani dal 1943 al 1948, prefazione di Francesco Perfetti – 2004

Andrea Ungari
Firenze, Le Lettere, pp. VI-350, euro 30,00

Anno di pubblicazione: 2004

Una ricerca ampia, seria e approfondita, quella che Andrea Ungari ha compiuto intorno all’arcipelago monarchico nel periodo decisivo per le sorti dell’istituto che fu uno dei padri della nazione italiana. La accompagnò nella sua giovinezza liberale e nella dura adolescenza fascista. Non riuscì, insomma, a garantirne la maturità. E per potersi accostare a essa, la nazione si dovette affidare all’altra componente che l’aveva generata, quella repubblicana democratica.
Ungari non è certamente d’accordo. Il suo è infatti uno studio incentrato sulla difesa delle ragioni dei monarchici, dei quali ricostruisce i molteplici percorsi, attestazione della loro debolezza. Paiono invece essenzialmente vittime dei sostenitori della Repubblica, ciascuno con un grado diverso di responsabilità. I più determinati, per ragioni contrarie al benessere della patria, sono i repubblicani che si raccolgono nelle forze di sinistra, a cominciare dai comunisti, intenti a inserirsi nello Stato in preparazione della rivoluzione, per proseguire quindi con gli azionisti e la loro furia intransigente. Poi gli inglesi, il cui obiettivo si riassume nell’aspirazione a umiliare l’Italia, a svilirne la forza e la potenza. Non a caso, Ungari definisce l’atteggiamento degli uni e degli altri a più riprese ?cinico?. Sono cinici gli inglesi, ciniche le sinistre, non lo sono mai né i monarchici né i sovrani.
Il pregio maggiore del volume è la ricca ricerca archivistica che rivela un giovane studioso serio, competente, aggiornato, capace di muoversi nei meandri degli strumenti dello storico. Il difetto maggiore è l’interpretazione. È, infatti, un libro a tesi, il cui assunto è la difesa pregiudiziale delle ragioni dei monarchici, contro i quali sembra essersi scatenato un grande complotto di cui furono responsabili tutti coloro che non le sostennero. Ciò si evince anche dalla fiducia eccessiva che Ungari riserva alle relazioni dei carabinieri, dei prefetti, dei questori, come se fossero sondaggi d’opinione ante litteram. Non vi è alcuna distanza critica dal linguaggio di questi funzionari dello Stato che attraversavano regimi, nessuna analisi della loro mentalità, del loro modo di essere, della difesa di interessi e di posizioni che perseguivano. Già l’espressione ?la parte sana della popolazione?, che abbonda in quelle relazioni in riferimento a coloro i quali nutrivano posizioni moderate, dovrebbe mettere in allarme il ricercatore.
Che per il paese fosse auspicabile il mantenimento della Monarchia o l’approdo alla Repubblica è questione che attiene le nostre personali convinzioni. Lo storico dovrebbe cercare di comprendere perché l’Italia di mezzo secolo, dopo avere attraversato il fascismo e le sue guerre, optò in modo chiaro, anche se non massiccio, per la Repubblica, aspirazione dei democratici del Risorgimento.

Paolo Soddu