Anno di pubblicazione: 2004
Il tema delle ?zone libere? che si svilupparono fra l’estate e il dicembre 1944 in varie zone dell’Italia occupata rimane di grande attualità soprattutto perché si incentra su due polarità molto forti e decisive della conduzione della lotta di Resistenza e, di conseguenza, della storiografia più attenta e aggiornata: il rapporto di dialogo/conflitto fra istanza politica e necessità militari, fra logiche di schieramento e conduzione pratica di una guerriglia difficile e sanguinosa.
Di queste polarità il volume curato da Del Boca riesce a restituire la complessità, e a focalizzare con efficacia e varietà di prospettiva i temi principali sul tappeto, sia ricorrendo alla diretta testimonianza dei protagonisti che approfondendo la riflessione con brevi ma strutturati interventi di ricerca.
In questo senso quello che il presidente Scalfaro nel suo intervento definisce ?il valore immenso di un’esperienza di governo?, torna ad essere nella sua centralità di un’esperienza che esce dalla mitologia per rientrare nella quotidianità di 44 giorni in cui l’attività della giunta provvisoria dovette dedicarsi alla ripresa (forse impossibile) di una ?normalità? per gli 80.000 abitanti della zona libera. Una ?normalità? da recuperare non solo con il ripristino delle libertà individuali dopo venti anni di dittatura, ma anche con la ripresa delle istituzioni e dei servizi locali, dalla scuola al servizio postale, fino alla giustizia civile e penale (e in quei 44 giorni non fu comminata né eseguita alcuna condanna a morte). Si trattò, in sostanza, di applicare il metodo ?nostro? (quello del rispetto dell’uomo, della generosità), come rivendicò giustamente Gianfranco Contini, al metodo ?loro?, quello nazifascista della strage, della violenza, della distruzione. È in questa differenza tutto l’onore, legittimo, di chi scelse di combattere in quei 44 giorni in cui si assaporò ?l’aria esilarante della libertà? in una vallata dove per la prima volta era entrata la storia.
Ma l’esperienza della Val d’Ossola, che terminò in sostanza per la mancanza dei lanci alleati, dell’aiuto svizzero (che pure si materializzò ampiamente nella fase finale dell’esperienza ossolana) e in buona parte per la stessa scelta di accettare un’impossibile guerra di posizione, rimane come una sorta di laboratorio politico esemplare a dimostrazione della complessità e della dialettica (al limite del conflitto) fra diverse anime e prospettive dei combattenti, ben oltre le rappresentazioni pacificatorie, per restituire appieno quelle ?valutazioni discordi e convergenze sofferte?, come ricorda Aldo Aniasi, legate alle differenti strategie politiche e militari delle diverse brigate. Una riflessione critica che può diventare ancora più produttiva se incrociata con altre recenti pubblicazioni su temi analoghi ? basti pensare a Ritorno a Montefiorino di E. Gorrieri e G. Bondi ?, per capire quanto ancora sia necessaria una riflessione a tutto campo sulla complessità della Resistenza, sulla sua molteplicità e capacità di entrare in dialogo con situazioni territoriali e politiche diverse, riuscendo, anche nelle fasi di sconfitta e di ripiegamento (come furono alla fine quelle dell’esperienza delle zone libere), a porre basi sicure e solide per il futuro della lotta armata.