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Angelo Ventrone (a cura di) – L’ossessione del nemico. Memorie divise nella storia della Repubblica – 2006

Angelo Ventrone (a cura di)
Roma, Donzelli, XVII-205 pp., euro 24,50

Anno di pubblicazione: 2006

Questo volume ha come ovvio riferimento il libro di Ventrone su Il nemico interno e si colloca entro un ormai cospicuo filone di studi sollecitato dall’avvento di una stagione tendenzialmente bipolare della politica italiana. Dovuti a storici di orientamenti e generazioni diverse, oltre che a un uomo politico e a uno studioso della comunicazione, i suoi dieci saggi analizzano la figura del nemico interno nella storia italiana a partire da un contributo di Salvadori, per il quale la forza della dialettica amico/nemico in Italia è attribuibile al lungo «monopolio- oligopolio» del potere da parte di alcune forze politiche e al fatto che le maggiori tra quelle di opposizione «si sono presentate esse stesse come nemiche dell’ordine esistente» (p. 11). Nel suo saggio sulle rappresentazioni del nemico interno Ventrone ne riconduce l’intensità all’opposizione alla modernità delle sue diverse culture politiche, in nome del «rifiuto dell’individualismo » e della «enfatizzazione della coesione sociale» (p. 27). Come la sua, anche la lettura della dicotomia amico/nemico nelle celebrazioni delle feste nazionali effettuata da Ridolfi è di lungo periodo. Gozzini propone una lettura critica della «narrazione egemonica antifascista », che accosta alla visione crociana del fascismo come invasione degli Hyksos (p. 88). A Il nemico in fabbrica è dedicata una ricerca di Sangiovanni sul mutare dell’immagine dell’operaio, mentre Scoppola ripercorre Aspetti e momenti dell’anticomunismo e Tarchi ricostruisce la vicenda delle destre nel loro rapporto con l’eredità del fascismo. Gli autori concordano nel collocare negli anni ’70-80 e nella fine della guerra fredda una cesura, segnata dall’attenuarsi delle pratiche di reciproca delegittimazione che avevano fatto la fortuna della figura del nemico interno. Dunque «nemico addio?» (così il titolo del convegno da cui è derivato il volume). Vari saggi, specie quelli sulla «seconda Repubblica», approdano a una risposta più complessa. Se Novelli, mostrato come le tribune elettorali avessero limitato il ricorso all’immagine del nemico, parla dell’avvento di un nemico «virtuale», Campi ne riconduce le metamorfosi alla sostituzione della politica «ideologica» con una politica «morale » e Sabbatucci sottolinea come la sua sopravvivenza strida con la realtà di un quadro politico nel quale la distanza tra gli schieramenti è meno ampia che nel passato. Benché l’originalità di molti contributi riposi più sull’uso di una peculiare chiave di lettura che sul loro spessore di ricerca, l’opera offre vari spunti di notevole interesse. Altri suoi pregi sono la varietà dei punti di vista e un rapporto passato-presente in complesso distaccato, fatta eccezione per il saggio di Orsina: riprendendo la propria distinzione tra l’antifascismo storico e un antifascismo ideologicamente «assai più ricco e articolato» (p. 167) al quale riconduce l’antiberlusconismo, egli dà infatti l’impressione di essere interessato a polemizzare con tali fenomeni almeno quanto a studiarli.

Tommaso Detti