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Anne Morelli – Gli italiani del Belgio. Storia e storie di due secoli di migrazioni – 2004

Anne Morelli
Foligno, Editoriale Umbra, pp. 130, euro 8,00

Anno di pubblicazione: 2004

Caratteristica emergente di questo libro è che offre un quadro storico e politico molto chiaro e quindi facilmente recepibile della presenza italiana in Belgio. Appartiene, infatti, ai meriti del libro la linearità, la struttura asciutta ed essenziale, che connota ogni capitolo, ma che non si traduce mai in fredda schematizzazione. Già il titolo fa presagire che non si tratta di uno degli ultimi saggi, scritti sull’onda del fenomeno, su una storia rispolverata di migrazioni: al contrario Anne Morelli, studiosa di lungo corso sull’emigrazione italiana in Belgio, contestualizza il fenomeno migratorio in un paese dalla realtà economica e politica complessa.
Il libro si apre con quello che è diventato un totem dell’immaginario migratorio sugli italiani in Belgio: ovvero il celebre quadro del pittore fiammingo Jan Van Eyck che ritrae Giovanni Arnolfini e sua moglie, più noto come Il banchiere di Bruges.
Ciò che contraddistingue lo studio dell’autrice è una sorta di rassegna stampa dei giornali dell’epoca che caratterizza tutto il saggio: giornali belgi, giornali italiani in Belgio, e che mira a sottolineare il ruolo eminentemente politico della stampa, oltre ad una accurata bibliografia che viene riportata di volta in volta nelle note. Anne Morelli, dirompendo con un io narrativo, quasi a voler sottolineare il vissuto di quelle esperienze, ci fa sapere di aver scoperto più di 30 periodici italiani pubblicati in Belgio durante il ventennio fascista. L’autrice parla anche delle sue esperienze personali, come quando scrive di suo nonno, Alfredo Morelli, esule antifascista, che fu costretto a guadagnarsi da vivere da emigrato come camionista (p. 45).
Con quella che la Morelli definisce ?la grande deportazione economica? (1946-1956), viene descritto l’infame accordo italo-belga del 20 giugno 1946 che non prevedeva alcuna tutela né giuridica né sanitaria per i nostri minatori, né una corretta informazione in cosa consistesse il lavoro nelle miniere, esecrato dai belgi, fino ad arrivare alla strage di Marcinelle rimandando, per ulteriori dettagli su quella pagina vergognosa dell’emigrazione italiana, ad un volume che verrà pubblicato nell’anno in corso sul processo di Marcinelle ad opera di Julie Urbani e M.Cl. Deroeck. Colpisce drammaticamente l’amara constatazione dell’autrice che i 136 italiani morti a Marcinelle ?abbiano aperto alla comunità italiana le porte dell’integrazione alla vita sociale del paese, non sarà più possibile dopo Marcinelle disprezzare i ?macaroni”’ (p. 124).
Il saggio si conclude con un accenno alla lenta ascesa sociale degli italiani in Belgio, anche se sono davvero pochi coloro che arrivano ad occupare posti di un certo prestigio. È anche vero però che grazie alla cucina italiana, che l’autrice definisce curiosamente un ?dialetto culinario? della cucina belga, e nella riscoperta delle viti grazie ai viticoltori italiani, c’è stata una lenta italianizzazione del paese, così come ci sono autori italiani che hanno conquistato un loro spazio nell’olimpo della letteratura belga. Ciò che preoccupa è che, seppur esigua, c’è una presenza dei discendenti di quegli italiani vessati e discriminati nei partiti razzisti belgi. Ancora una volta la memoria tradita partorisce paradossi.

Anna Maria Minutilli