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Antonella Ercolani – L’Albania di fronte all’Unione Sovietica nel Patto di Varsavia (1955-1981) – 2007

Antonella Ercolani
Viterbo, Sette Città, 246 pp., Euro 25,00

Anno di pubblicazione: 2007

Questo lavoro di Antonella Ercolani prende in esame le relazioni diplomatiche tra Albania e Unione Sovietica dalla costituzione del Patto di Varsavia all’uscita dell’Albania dal patto stesso. Il libro è strutturato in due parti: una parte di ricostruzione storica e un’appendice documentaria. La prima parte segue un ordine rigidamente cronologico e suddivide l’arco di tempo considerato in tre sottoperiodi: 1955-1957, 1958-1959 e 1960-1961. L’attenzione è naturalmente dedicata soprattutto ai rapporti tra Albania e Unione Sovietica, ma per ciascuna delle fasi considerate emergono altri protagonisti: i paesi occidentali ad esempio nella prima fase, la Jugoslavia e l’Ungheria nella seconda, la Jugoslavia e la Cina nella terza. Il libro fa emergere chiaramente come l’iniziale fedeltà albanese all’Unione Sovietica venga messa in crisi dal mancato appoggio da parte di Chru??ev nei rapporti con la Jugoslavia, con la quale si è aperta la questione del Kosovo. Tutto ciò si intreccia con l’iniziale tentativo occidentale di allacciare un dialogo con l’Albania, che si trasforma in disinteresse dopo la destalinizzazione. La rottura con l’URSS e il raffreddamento dei rapporti con l’Occidente spingono Hoxha verso un’alleanza con la Cina, con la quale condivide la critica contro l’allontanamento dall’ortodossia comunista da parte dei sovietici.L’appendice documentaria costituisce probabilmente il maggior pregio del lavoro. Talvolta però anche nella prima parte le citazioni dai documenti finiscono per prendere il sopravvento e si ha l’impressione che il testo si limiti a «raccordarle» tra loro, invece di proporre un’interpretazione critica delle stesse. Ne consegue che a volte si perde il riferimento con il contesto: per il 1956 ad esempio si dedicano dodici pagine alla posizione dell’Albania sui fatti di Ungheria, mettendo in luce la rigidità di Hoxha nel difendere l’ortodossia comunista, ma si dà poco spazio al XX Congresso del PCUS e nessuno alla reazione albanese. Trattandosi di un passaggio decisivo nella storia dei rapporti interni al blocco comunista, sarebbe stato utile chiarire la posizione dell’Albania sulla destalinizzazione, non solo per fornire una chiave di lettura sui fatti contingenti, ma soprattutto per fare luce su quello che è l’oggetto principale del libro: la rottura del 1961, che viene giustificata da Tirana proprio sulla base di un allontanamento sovietico dall’ortodossia marxista-leninista. Da quanto l’a. stessa fa emergere, in realtà la scelta albanese di uscire dal Patto di Varsavia è soprattutto legata alla «delusione» per il mancato sostegno sovietico nei rapporti con la Jugoslavia, ma proprio per questo sarebbe chiarificatore conoscere quanti e quali documenti degli anni precedenti il 1961 si siano pronunciati sulla questione ideologica. L’attenzione dedicata ai documenti spiega anche probabilmente la debolezza di un apparato bibliografico non particolarmente ricco.Ad ogni modo il libro presenta l’indubbio pregio di raccogliere e presentare alcuni documenti tradotti tratti dagli Archivi Centrali Statali d’Albania (AQSH). Questo lo rende uno strumento bibliografico utile, in un panorama storiografico che in genere trascura l’area albanese.

Emanuela Costantini