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Antonella Pompilio (a cura di) – Carteggio Croce-Laterza, vol. I: 1901-1910 – 2004

Antonella Pompilio (a cura di)
Roma-Bari, Laterza, pp. CVI-802, euro 48,00

Anno di pubblicazione: 2004

Del rapporto tra Benedetto Croce e Giovanni Laterza i profani conoscevano tutt’al più qualche aneddoto, come quello della scelta del ristorante quando viaggiavano insieme: il primo, una volta approvata la cucina, sarebbe voluto andare sempre nello stesso, il secondo volentieri ne avrebbe sperimentato uno nuovo ogni sera. Si sa che in ambito crociano gli aneddoti non sono irrilevanti, e in effetti, dopo aver letto questo carteggio, a ragion veduta ci si chiede come avranno fatto a mettersi d’accordo: e non solo nella questione del ristorante. ?Se vogliamo andare d’accordo?, scrive Croce a Laterza nell’ottobre 1906, ?dovete fare matematicamente ciò che io vi dico? (p. 253). ?Io non son fatto per ubbidire matematicamente a quello che mi si dice?, risponde l’editore, che poco prima aveva osservato: ?Ella prende rabbia inutilmente, e poi, se vuol fare tutto da sé, dell’editore e del tipografo che ne resta?? (p. 222). Che Croce dovesse essere un maniaco della tipografia lo si poteva sospettare osservando la meticolosa impaginazione degli autografi esposti a Napoli nel 2002: ma in queste lettere ce n’è la prova. Di fronte a un Laterza tutt’altro che prono, Croce vuol decidere non solo sui titoli, i traduttori, i compensi, ma anche i contratti, le tirature, di quale tipografia servirsi, i tempi di composizione e delle bozze, la fabbricazione della carta (p. 178: che la «Critica» sia stampata sempre con la stessa carta è ?di capitale importanza?, e questa carta dev’essere impastata appositamente), i colori delle copertine, i caratteri di stampa, l’impaginazione ? tutto, al modo di un autore-stampatore settecentesco.
Laterza dovrebbe, scrive Croce, formare ?un reparto speciale di operai, disciplinati a comporre cose mie? (p. 277). Non so quanti altri esempi ci siano, nel ‘900, in tempi di lavorazioni industriali, di autori che abbiano diretto in questo modo cantieri editoriali delle stesse proporzioni (comprese le proprie opere, intrecciando il proprio percorso intellettuale con quello di un’azienda). Questa esaltazione crociana del rapporto tra la programmazione dei tempi di lavorazione (tutte le opere vengono trascinate nel vortice creato dalla rivista che esce ogni due mesi), la forma tipografica del testo, il suo contenuto e la strategia di diffusione ? che è opera modernissima di politica culturale ? deve essere ancora studiata. Senza dimenticare la diversa, ma concorrente, logica dell’interlocutore Laterza, qui colta in modo vivissimo nel momento iniziale, dal 1901 al 1910 (ne deriva una specie di ?manuale del buon editore principiante?): egli si lancia nelle avventure editoriali proposte da Croce sapendo che ?pubblicare è un lusso che vien fuori da ogni sorta di sacrificio? (p. 116), che consumerà ?nelle edizioni il risparmio radunato da un’intera famiglia di lavoratori? (p. 58) che amministra una tipografia, una cartoleria, una cartiera e una libreria. Mancano nel carteggio i rendiconti delle vendite e i bilanci dell’impresa e quindi non si possono osservare i ritmi del successo dell’impresa. Certo è che il tandem Croce-Laterza ha prodotto risultati straordinari nel campo dei ?libri serii?, della ?roba grave?: le prime collane create sono i ?Classici della filosofia moderna? e gli ?Scrittori d’Italia?.

Massimo Mastrogregori