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Antonella Salomoni – Nazionalità ebraica, cittadinanza sovietica (1917-1948) – 2001

Antonella Salomoni
Bologna, Pàtron, pp. 122, euro 7,75

Anno di pubblicazione: 2001

Il libro riguarda la vicenda degli ebrei dell’Unione sovietica dai tempi della rivoluzione agli anni più bui dello stalinismo nel secondo dopoguerra. Ogni capitolo del volume è un breve saggio che riguarda un periodo di questa storia presentando lo stato attuale della ricerca e sottolineandone gli aspetti di maggiore interesse. Nel complesso il testo offre un percorso articolato, ma sostanzialmente unitario e interpretativo. Ogni punto rilevante del discorso è accompagnato da una rassegna bibliografica che tiene conto degli studi comparsi in russo e nelle principali lingue europee, e i rimandi ai testi suggeriscono percorsi di lettura. Il lavoro è fruibile da chi è ai primi inizi dello studio e anche da chi vuole definire un proprio campo specifico di ricerca avendo una panoramica aggiornata dello stato dell’arte su questi temi. Si tratta insomma, e indubbiamente, di un libro ben fatto e utile.
L’argomento trattato non è tanto la storia degli ebrei sovietici, quanto quella dell’antisemitismo. Le ricerche, di cui Salomoni riferisce, trattano di come gli ebrei sono stati ?etichettati? da parte dell’autorità sovietica, delle politiche di ingegneria sociale nei loro confronti, del controllo e dei divieti indirizzati a cancellare la loro cultura, delle violenze subite ad iniziare con i pogrom della guerra civile. Di particolare interesse sono le parti sulla Shoah, e soprattutto sul collaborazionismo, e sulla costruzione della memoria della Shoah nel dopoguerra. Salomoni documenta bene la vicenda tragica del Comitato antifascista ebraico, che costituisce uno dei temi centrali nella produzione storiografica post-sovietica. Il Comitato raccolse i materiali sulla Shoah e poi operò per renderli pubblici. Si trovò così a discutere di come trasformare una gigantesca quantità di memorie in un volume, e scoprì la necessità di tagliare e riscrivere, e in qualche modo di attuare una violenza aggiuntiva ai ricordi selezionandoli. Poi dovette affrontare compromessi per fornire un’interpretazione accetta alle autorità sovietiche, dalle quali dipendeva la pubblicazione, e fu costretto ad auto-censurarsi e a subire i divieti dall’alto. Infine vennero lo scioglimento forzato del comitato, la fucilazione dei suoi membri, e la memoria della Shoah svanì nel nulla fino al crollo dell’Urss.
Come spesso accade, la crescita degli studi non ha avuto l’effetto di esaurire gli argomenti, ma porta a constatare che si è fatto moltissimo e non si è che agli inizi. Così ci si accorge che gli ebrei sono studiati essenzialmente nell’ottica deformante dell’antisemitismo. Mancano in effetti storie delle comunità ebraiche dell’Urss e non si sa se queste non esistono per mancanza di fonti, o di studio, o perché il fatto di essere ebrei non costituiva un fatto sufficientemente rilevante per gli individui che per passaporto, per famiglia o per religione risultavano essere tali. Il crollo del regime comunista ha liberato tanto gli ebrei quanto la loro storia, si tratta ora di lasciare che le persone considerino il loro passato non soltanto attraverso quanto hanno dovuto soffrire. Salomoni suggerisce la via giusta: gli storici sono invitati a leggere il suo libro, poi ad andare negli archivi.

Marco Buttino