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Antonino De Francesco – Mito e storiografia della «grande rivoluzione». La Rivoluzione francese nella cultura politica italiana del ‘900 – 2006

Antonino De Francesco
Napoli, Guida, 385 pp., euro 26,80

Anno di pubblicazione: 2006

Nel suo pamphlet su L’incomprensione italiana della Rivoluzione francese dagli inizi ai primi del Novecento (Torino, Bollati Boringhieri, 1989) Furio Diaz, che intendeva occuparsi prevalentemente o quasi esclusivamente dell’Ottocento, era costretto a varcare le soglie di quel secolo per trovare finalmente in Gaetano Salvemini uno studioso italiano, ma era un democratico e un socialista, che comprendesse qualcosa della Rivoluzione francese. Tuttavia Salvemini, nonostante il suo desiderio e le varie edizioni che la sua opera conobbe (ben sette fino all’ultima del 1954) non riuscì a superare il limite del 1792. Non dirò delle perplessità che lasciano alcuni giudizi sommari di Diaz, ma del resto si tratta di un pamphlet ed è difficile sostenere che nel clima prevalentemente conservatore e nazionalista dell’Ottocento italiano la Rivoluzione fosse generalmente apprezzata e veramente studiata. Proprio dall’opera di Gaetano Salvemini muove Antonino De Francesco in questo volume che raccoglie alcuni saggi già pubblicati in questi ultimi anni (1999-2005) e «posti in equilibrio » con altri saggi che erano invece inediti. Ne risulta un volume organico che costruisce con ricchezza di articolazione la ricezione e le interpretazioni della Rivoluzione in vari momenti della cultura politica italiana del ‘900. Il carattere essenzialmente informativo di questa rubrica mi induce a riferire sulla articolazione interna data al volume, che dà un’idea dell’ampiezza della ricostruzione e degli argomenti e degli autori esaminati. Dalla Rivoluzione francese di Gaetano Salvemini, passando per i Discorsi interrotti. Guglielmo Ferrero, Corrado Barbagallo e la critica della rivoluzione francese si passa alla Rivoluzione francese nella cultura politica e nelle linee storiografiche dell’Italia tra le due guerre, alle letture della Rivoluzione negli ambienti del fascismo sociale e poi negli anni della guerra d’Etiopia e del secondo conflitto mondiale. Si chiude con la ricerca della tradizione politica e storiografica dopo la guerra e con L’ombra di Buonarroti. Giacobinismo e Rivoluzione francese nella storiografia italiana del secondo dopoguerra. La parte più nuova e la più ampia è tra il capitolo secondo e il sesto. La si legge con grande interesse perché tenta di far uscire dalla oscurità o dalla penombra alcuni aspetti della cultura italiana, talora anche alleata e partecipe del potere politico, tuttavia nella sostanza oscurata o emarginata dalla egemonia crociana, che pur insidiata e contestata, ha spesso trionfato per la forza e il realismo dei contenuti e la lucidità dei ragionamenti di contro alla frammentarietà e alla fragilità delle posizioni avverse o contrastanti. A me pare che il lavoro di De Francesco sia molto utile e che vada superata la conclusione pessimistica, che sembra provenire dallo stesso autore nel risvolto di copertina, che la tradizione storiografica italiana «quasi nulla avrebbe trattenuto della tradizione repubblicana d’inizio secolo e non poco conservato, invece di quel pregiudizio antiliberale e antidemocratico largamente presente, anche a sinistra, nella cultura politica italiana del secolo XX».

Pasquale Villani