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Antonio Baglio – Il Partito nazionale fascista in Sicilia. Politica, organizzazione di massa e mito totalitario 1921-1943 – 2005

Antonio Baglio
Manduria-Bari-Roma, Lacaita, pp. 260, euro 15,00

Anno di pubblicazione: 2005

Ricostruire la storia del PNF in Sicilia significa scegliere una prospettiva interessante proprio per la marginalità che la società e la politica regionale ebbero nell’affermazione del fascismo. Com’è noto fu un difficile impianto quello fascista in Sicilia e bisognò attendere la fase successiva alla marcia su Roma per vederne le prime significative espressioni; tranne che nella provincia di Siracusa, e meglio ancora nella sua parte Iblea, divenuta la provincia di Ragusa (1926) per meriti squadristi. Nel libro di Baglio questi aspetti generali occupano il primo capitolo, costruito in dialogo con una ormai ricca letteratura storica. Si passa allo studio di aspetti più specifici nel secondo e nel terzo capitolo, rispettivamente dedicati ad alcune delle più importanti realtà provinciali e alle organizzazioni collaterali: sindacati, dopolavoro, ecc. L’ampia e articolata narrazione ha un caratteristico andamento, si capisce che l’autore ha dovuto fare i conti con una documentazione diversificata e lacunosa, il cui contenuto cambia con gli anni. La parte più vivida è quella contenuta nel secondo capitolo, dove si studia la lotta politica nelle diverse province a contatto con formazioni politiche notabilari molto agguerrite, quelle che contribuirono alla vittoria del listone nel 1924, ma che costituirono un problema davanti alla tendenza omologante che caratterizzò la svolta autoritaria e poi totalitaria del fascismo. Il punto d’osservazione siciliano a questo proposito è davvero interessante, per la capacità di resistenza dei gruppi notabilari e per quella infida ?seconda linea? rappresentata dal reticolo mafioso. Baglio a questo proposito sposa la tesi di una valenza solo politica dell’operazione antimafia condotta da Mori (p. 115), certamente più congeniale all’oggetto del suo studio; ma è anche vero (rimando alle opere di Lupo) che una emergenza mafiosa fu realmente contrastata, con le modalità specifiche di un regime autoritario. L’attacco alla dimensione locale della politica comportò una burocratizzazione del partito e delle organizzazioni ad esso collegate, che l’autore mette bene in evidenza grazie a una documentazione nuova, largamente utilizzata. Interessante è la vicenda dei sindacati anche per l’impegno che vi profuse un personaggio di spicco come Cianetti nel tentativo di contrapporre ai notabili e alle vecchie organizzazioni politiche le istanze di rinnovamento che provenivano dal mondo del lavoro. Tuttavia l’autore mette bene in luce come l’asfissiante tendenza alla burocratizzazione non risparmiò neanche questo settore della vita associativa del regime fascista. Alla fine l’enorme sforzo di aderire a ogni piega della società avrebbe prodotto solo una grande macchina assistenziale rivolta al consenso, sempre meno collegata a progetti di sviluppo, e anzi con la costante preoccupazione di soffocare ogni autonoma espressione della società civile. Curiosa è invece la povertà di notizie sugli anni Quaranta, quasi niente ci dice il libro sulla mobilitazione del partito in momenti importanti come l’assalto al latifondo o come la fase bellica, che pure vide la Sicilia a ridosso del fronte.

Rosario Mangiameli