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Antonio D’Alessandri – Il pensiero e l’opera di Dora d’Istria fra Oriente europeo e Italia – 2007

Antonio D’Alessandri
Roma, Istituto per la storia del Risorgimento italiano – Gangemi, 334 pp., Euro

Anno di pubblicazione: 2007

Dora d’Istria era lo pseudonimo col quale la principessa Elena Ghika (Bucarest 1828 – Firenze 1888), esponente di una famiglia di antica nobiltà albanese insediata sull’instabile trono della Valacchia, e moglie separata di un aristocratico russo, firmò decine di saggi dedicati a tematiche molto eterogenee ma costantemente volti a mettere in contatto la cultura occidentale con le «molteplici facce della cultura e della civilizzazione dell’Oriente europeo» (p. 11). Liquidata nel ‘900 come ordinaria divulgatrice, rappresentò a tutti gli effetti una voce di straordinario interesse nell’ambito delle scritture femminili, della circolazione dei saperi e delle «amicizie politiche» nell’Europa ottocentesca. La corposa biografia di D’Alessandri, esito di una ricerca di dottorato svolta presso l’Università di Roma Tre, prende le mosse proprio dalle ragioni dell’oblio, mettendo peraltro in rilievo le oggettive asperità di un’indagine su fonti disseminate tra Romania, Russia, Francia e Italia. La narrazione si apre con le vicende della famiglia Ghika e dei Principati danubiani al principio del XIX secolo, arrivando – attraverso l’isolamento patito da Dora nella capitale dei Romanov – all’esordio della saggista, che molto dovette ai contatti con personalità vicine al movimento filoromeno come Quinet, Valerio e De Gubernatis, e che pubblicò su riviste prestigiose come la «Revue des deux mondes» e la «Rivista internazionale».Anticlericale e antisocialista, portavoce del conservatorismo delle élites balcaniche (ciò che non le impedì di vagheggiare un confuso ideale di «agricoltura nazionale» a partire dallo smantellamento dei patrimoni monastici), lettrice di Herder ma fautrice di un’idea di Europa radicata più fortemente nel secolo dei Lumi, Dora d’Istria scrisse della storia, della condizione socio-economica, delle tradizioni e del «genio» dei romeni, dei serbi e dei greci, il cui patriottismo stentava a farsi apprezzare presso le potenze occidentali. Nel 1867 sollecitò Garibaldi a mobilitarsi per la liberazione di Creta; nello stesso anno, approdata a Venezia, tratteggiò suggestive analogie tra gli eredi dei Dogi e le aristocrazie di Valacchia. Nel decennio seguente contribuì all’«invenzione» dell’identità arbëresche e alla sua positiva accoglienza nella cultura italiana. Si occupò anche di questione femminile, auspicando la riforma dei rapporti matrimoniali come chiave di accesso delle donne dell’Europa centro-orientale ai movimenti nazionali che si configuravano negli anni ’50 e ’60.D’Alessandri ha ricomposto con notevole rigore filologico i numerosi tasselli di un percorso assai complesso, intrecciando in maniera estremamente proficua la narrazione biografica, lo scavo nelle carte private, l’analisi delle opere, la mappatura delle fonti, dei riferimenti intertestuali e delle molteplici chiavi di lettura. Lo sforzo di esaustività e chiarezza – utile soprattutto per i lettori non particolarmente addentro alla storia romena e albanese – giustifica ampiamente la presenza di alcune ripetizioni e un «montaggio» talvolta un po’ faticoso tra le parti narrative e i paragrafi dedicati alle ampie analisi degli scritti.

Maria Pia Casalena