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Antonio Fiori – Poveri, opere pie e assistenza. Dall’Unità al fascismo – 2005

Antonio Fiori
Roma, Studium, pp. 226, euro 22,50

Anno di pubblicazione: 2005

La nascita dello stato sociale rappresenta uno dei momenti più importanti di quel processo di trasformazione delle strutture economiche, politico-istituzionali, sociali e culturali di uno Stato che va sotto il nome di modernizzazione. Ma nonostante la sua centralità nello sviluppo della moderna società di massa sono ancora troppo pochi gli studi che ne hanno affrontato l’indagine in una prospettiva storica. Proprio per questo risulta particolarmente prezioso questo volume, che raccoglie sei contributi pubblicati tra il 1990 e il 1997 e, in alcuni casi, di difficile reperimento. Antonio Fiori, archivista e ricercatore scientifico presso l’Archivio centrale dello Stato, ha messo a buon frutto la sua capacità di penetrare nei meandri di quel mare magnum che è la documentazione archivistica sulle opere pie e sui temi dell’assistenza e della beneficenza, contenuta presso l’Archivio centrale, dedicandosi a un’indagine sulla fase fondativa dello stato sociale e fornendo quindi un contributo importante agli studi sul processo di state-building italiano.
Nell’introduzione Fiori traccia alcune linee guida per collegare saggi dedicati ad aspetti diversi del tema assistenziale chiedendosi, tra l’altro, se la statalizzazione delle opere pie attuata da Crispi nel 1890 abbia veramente contribuito a una maggiore e più efficiente azione a favore dei poveri. La risposta è sostanzialmente negativa: i documenti dimostrerebbero che non necessariamente ?per migliorare le condizioni dei poveri fosse necessario e sufficiente un deciso intervento per una trasformazione radicale delle opere pie, un cambiamento del loro fine e una loro ?laicizzazione’? (p. 3). Inoltre, spesso l’intervento diretto dello Stato nella gestione delle opere pie portò a un peggioramento delle condizioni di assistenza, come dimostrano le vicende del manicomio romano di Santa Maria della Pietà. L’autore passa quindi ad analizzare il tema della povertà e dell’assistenza nella legislazione italiana tra il 1859 e la prima guerra mondiale, che vede il suo momento più importante nella legge Crispi del 17 luglio 1890 sulla laicizzazione delle opere pie, trasformate in IPAB (Istituti pubblici per l’assistenza e la beneficenza); poi la figura di Silvio Spaventa e l’azione, rispettosa della volontà e della libertà dei fondatori, da lui svolta nel campo del controllo statale sulle opere pie. Il terzo capitolo è una breve storia delle confraternite romane da Crispi a Giolitti, protagoniste di un tenace movimento di resistenza contro i tentativi di laicizzazione e di ?pubblicizzazione?. Anche il quarto capitolo si occupa di Roma e della situazione sociale della capitale a cavallo tra Otto e Novecento. Il quinto capitolo esamina l’opera ventennale (1904-1923) del Consiglio superiore dell’assistenza e della beneficenza pubblica, un importante organo amministrativo nato per volontà di Giolitti come strumento di controllo dell’organizzazione e del funzionamento degli istituti di beneficenza e assistenza. L’ultimo capitolo del volume è dedicato agli interventi dello Stato fascista nel campo dell’assistenza, un settore strategico ai fini della costruzione del consenso e per avviare quel rapporto di collaborazione con la Chiesa cattolica che sfocerà nel concordato del 1929.

Giancarlo Poidomani