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Antonio Marchesi – La disavventura del generale. Il caso Pinochet e la repressione della tortura – 2001

Antonio Marchesi
San Domenico di Fiesole (FI), Edizioni Cultura della Pace, pp. 104, euro 7,75

Anno di pubblicazione: 2001

Il titolo del libro è fuorviante. Oggetto dell’analisi contenuta in questo agile volume non è infatti l’arresto del dittatore cileno a Londra come il lettore potrebbe supporre, bensì la storia più recente della lotta contro l’impunità di quanti si sono macchiati di uno dei reati più gravi contro il genere umano, ossia il reato di tortura. L’idea di fondo che l’autore porta avanti con coerenza è che la tortura non è una pratica che appartiene soltanto ai paesi cosiddetti ?terzi? governati da regimi autoritari ma è ampiamente utilizzata anche nelle democrazie occidentali e che l’impunità, in entrambi i casi, è difficile da scalfire.
Antonio Marchesi, ricercatore presso l’Università di Teramo, docente del Master sui diritti umani e assistenza umanitaria all’Università di Bologna e impegnato con vari incarichi nella sezione italiana di Amnesty International (il volume appare infatti nella collana di questa organizzazione) si è avvalso, nella costruzione di questo lavoro che si articola in tre parti, della collaborazione di Mario De Marco e di Patrizio Gonnella. La prima parte è dedicata all’analisi di cinque storie giudiziarie relative a personaggi accusati del reato di tortura e rimasti a lungo impuniti. La prima di tali storie, che dà il titolo al volume, si riferisce alla vicenda dell’arresto di Augusto Pinochet a Londra nell’ottobre 1998, in esecuzione di un mandato internazionale emesso dalla magistratura spagnola. Altre tre storie, scelte a titolo esemplificativo e funzionali all’analisi comparativa di contesti giudiziari diversi, si riferiscono tutte a imputati di reati di tortura praticati in alcuni paesi ? Paraguay, Stati Uniti, Argentina ? ma arrestati e/o giudicati in altri. Infine l’ultimo caso analizzato è quello di Benedetto Labita, ?innocente e maltrattato? (p. 39) nel carcere di Pianosa che, arrestato nell’aprile del 1992 con l’accusa di appartenere a una cosca mafiosa della città di Alcamo, si rivolge alla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo per denunciare le violenze subite durante la detenzione. Il filo conduttore delle cinque storie è la inadeguatezza degli strumenti del Diritto Internazionale nel contrastare efficacemente e punire i responsabili dei crimini contro l’umanità e a tale inadeguatezza è dedicata l’attenzione dell’autore nella seconda parte del volume. Oggetto della sua analisi diventa dunque, in modo particolare, la ?Convenzione internazionale contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti? di cui riporta, per intero, i primi 16 articoli. La terza parte infine è dedicata all’analisi della legislazione italiana in materia di tortura e a spiegare perché il nostro paese non ha fatto quello che avrebbe dovuto e potuto fare per dare attuazione al più impegnativo tra i trattati internazionali sui diritti umani che è, appunto, la Convenzione contro la tortura.
Il volume, pure molto interessante, risente di una certa frettolosità analitica che si percepisce soprattutto nella seconda e terza parte in cui alcuni spunti importanti avrebbero potuto essere sviluppati più distesamente.

Maria Rosaria Stabili