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Antonio Scornajenghi – L’alleanza difficile. Liberali e popolari tra massimalismo socialista e reazione fascista (1919-1921), Presentazione di Giorgio Vecchio – 2006

Antonio Scornajenghi
Roma, Edizioni Studium, 322 pp., euro 28,00

Anno di pubblicazione: 2006

Il tema del mancato incontro politico tra il Partito popolare di Sturzo e i tradizionali partiti liberali durante gli instabili governi Nitti e Giolitti viene affrontato da Scornajenghi con una piena conoscenza dell’ampia letteratura sul primo dopoguerra ed un rigoroso scavo delle fonti d’archivio. Sono noti i motivi di incomprensione politica e di contrapposizione personale tra le leadership liberali e popolari; il volume, frutto di un lavoro di dottorato di ricerca, sollevandosi dal piano della storiografia organica alle appartenenze culturali delle contrapposte famiglie politiche, ne dà una ricostruzione attenta all’articolazione del conflitto politico che segna la crisi dell’Italia liberale. Così, la scelta cronologica di affrontare le vicende connesse alla prima legislatura postbellica, tra 1919 e il 1921, si rivela una felice intuizione storiografica, destinata a sorreggere l’architettura dello studio: svincolarsi dall’idea, costruita a posteriori, della marcia su Roma come esito obbligato del percorso storico delineato dalle incertezze dello Stato liberale. La lotta politica precedente al 1922 si mostra, così, nel ventaglio dei suoi esiti possibili e il libro si sviluppa con l’obiettivo di chiarire le ragioni della debolezza delle maggioranze governative, evidenziando l’incapacità a delineare i contorni di una intesa fra liberali e popolari che, dato l’atteggiamento della maggioranza socialista massimalista e rivoluzionaria, avrebbe dovuto apparire senza alternative. Emergono più crudamente, allora, le responsabilità politiche dei gruppi dirigenti del campo liberale e popolare e l’articolazione interna ai due schieramenti; si ripropone il tema della rigidità dell’intransigenza sturziana nelle elezioni amministrative del 1920 (rispetto a Crispolti o Meda) e degli errori di valutazione di Giolitti sui Blocchi nazionali del 1921. Per comprendere, comunque, la distanza di strategie tra popolari e liberali occorre uscire dalla quotidiana polemica partitica e richiamare le grandi attese riformistiche e il clima di violenza che attraversavano la vita sociale e civile del paese. Avrebbe forse giovato alla ricostruzione richiamare, con maggiore declinazione metodologica, la precedente esperienza storica dei cattolici nello Stato liberale, che continuava a orientare i gruppi dirigenti del PPI, un partito che sembrava aprire la strada per la prima volta a una piena cittadinanza del movimento cattolico organizzato. In tale contesto si inserivano anche le violenze socialiste volte a indebolire l’iniziativa politica dei popolari e rendere ancora più difficile la loro alleanza coi liberali. Peraltro, riprende l’autore, la tolleranza governativa verso le illegalità commesse dai «rossi» contro il PPI mentre favorì una cultura politica antisocialista negli ambienti cattolici italiani, costituì anche una qualche premessa alla più grave e diffusa indifferenza da parte liberale verso la violenza fascista.

Andrea Ciampani