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Arnaldo Testi – Stelle e strisce. Storia di una bandiera – 2003

Arnaldo Testi
Torino, Bollati Boringhieri, pp. 143, euro 9,50

Anno di pubblicazione: 2003

?Di che cosa parlano [gli americani] quando parlano di bandiera??. Il libro muove da questo elementare, ma in realtà complesso, interrogativo, illuminando, in quattordici intensi capitoletti, scritti in punta di penna, una storia densissima di eventi, attori e significati: una storia tuttora in svolgimento. Il vessillo è, dice Testi, un ?totem?, sacralizzato, ?dall’alto, da un ceto di sacerdoti scelti allo scopo[?] i dirigenti delle istituzioni statuali, politiche e militari? (p. 10). Sicché non stupisce che le guerre ? da quella civile, ai due conflitti mondiali e alla guerra fredda ? ne alimentino il culto, precisando i contorni di un simbolo e di una serie di rituali che sono in origine, in quell’età rivoluzionaria dalla quale il vessillo proviene, ancora alquanto sfumati e avvolti nei colori della leggenda. Infatti ?in realtà nessuno sa con sicurezza quando la bandiera a stelle e strisce fu disegnata, e da chi, e quando fu esposta per la prima volta? (p. 23). Sappiamo solo che il suo primo disegno fu approvato dal Congresso continentale, il governo provvisorio che reggeva le sorti delle tredici colonie ribelli, circa un anno dopo la Dichiarazione di indipendenza, nel giugno del 1777, secondo linee e colori, in seguito giustificati con mille capriole patriottiche, ma in origine ?adottati perché erano familiari? disponibili? perché insomma erano i colori della bandiera britannica? (p. 21). Con estrema puntualità Testi riannoda i fili che da questa prima, embrionale bandiera conducono, più di un secolo e mezzo dopo, durante la Seconda Guerra mondiale, a un vero e proprio flag code, una risoluzione congressuale che, sempre usando il condizionale (in ossequio alla forte tradizione federalista, di autonomia degli Stati, propria del paese), chiarisce come il vessillo dovrebbe essere esposto.
A questa trama ufficiale, tuttavia, se ne affiancano e sovrappongono altre, che rivelano la bandiera come ?icona popolare di nazionalismi e patriottismi nati dal basso? e, ancora, come ?emblema militante di gruppi specifici di americani che rivendicano di rappresentare l’America non così com’è, ma come dovrebbe essere? (p. 10). Ecco allora le campagne degli insegnanti yankee per l’americanizzazione dei figli degli immigrati a cavallo fra Otto e Novecento, nel clima che porta, nei primi anni Dieci del Novecento, col contributo delle élites degli stessi immigrati, all’affermazione del Columbus Day. Ecco la spinta decisamente meno articolata e più coercitiva che le stesse campagne assumono durante la Grande Guerra, il patriottismo gridato e intransigente dell’American Legion negli anni immediatamente successivi o quello fanatico e oscurantista del KKK. Ed ecco, ancora, la contestazione del vessillo da parte degli esclusi o degli esponenti della controcultura, in una dialettica di ?ruba-bandiera?, distesa fra libertà e impero, religione civile e religione politica, tuttora in corso.

Ferdinando Fasce