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Barbara Henry, Daniele Menozzi, Paolo Pezzino (a cura di) – Le vie della libertà. Maestri e discepoli nel «laboratorio pisano» tra il 1938 e il 1943, – 2008

Barbara Henry, Daniele Menozzi, Paolo Pezzino (a cura di)
Roma, Carocci, 299 pp., euro 24,20

Anno di pubblicazione: 2008

Gli studi prodotti negli ultimi anni hanno mostrato la notevole capacità di penetrazione del regime fascista nel mondo accademico, come parte di un più generale processo di fascistizzazione della cultura nazionale. Da un esame anche solo sommario di questa ormai consistente produzione emerge un quadro assai differenziato, nel quale il grado di allineamento delle università alle direttive politiche del regime appare il risultato di una complessa dialettica tra istituzioni ministeriali, corpo accademico, autorità politiche locali, componente studentesca e che presenta, dunque, un notevole grado di differenziazione per aree geografiche, facoltà, ambiti disciplinari. Si tratta di una immagine molto distante da quella tradizionale, che dipingeva le università come cittadelle del sapere rimaste arroccate nella difesa della serietà degli studi dall’assedio dell’anticultura del fascismo, costituendo, perciò, delle zone di attiva resistenza alle pretese egemoniche del regime e il vivaio di nuove generazioni di antifascisti.Icontributi presentati nel volume delineano la vicenda di un microcosmo che, pur con le sue specificità, ben rappresenta la complessità della storia delle università italiane durante il fascismo e il carattere tutt’altro che predeterminato dei percorsi politici e biografici dei membri della comunità accademica. Nella prima parte, una serie di saggi sulla storia delle istituzioni accademiche cittadine colloca la Scuola Normale Superiore, già ampiamente studiata, all’interno di un più ampio sistema formativo costituito non solo dall’Università, ma anche dalla bottaiana Scuola di Scienze corporative, punta di diamante del dibattito sulla «terza via» fascista, nonché dai collegi collegati (il «Mussolini» di Scienze corporative e quello medico). La seconda parte del volume presenta il profilo di figure esemplari delle tendenze presenti nel corpo docente. Se un posto centrale non poteva non essere dedicato ai padri del liberalsocialismo (Calogero e Capitini) e all’importanza del loro magistero per formare generazioni di discenti educate all’amore per la libertà, non si tralascia, d’altra parte, di mettere a fuoco le figure di Carlo Morandi e di Delio Cantimori, evocato in numerosi saggi, quali rappresentanti di un più ampio fronte di accademici influenzati dai miti dell’ideologia fascista. L’esperienza degli allievi e la varietà delle loro scelte politiche (accanto a coloro che aderirono a Gl o al Partito comunista troviamo i volontari per le guerre del fascismo) è ricostruita attraverso la figura del normalista Alessandro Natta e in un interessante saggio che segue le vicende degli allievi della Scuola di Scienze corporative negli anni successivi alla caduta del fascismo. Completano il quadro i saggi dedicati alla persecuzione razziale all’Università di Pisa, alla gioventù studiosa durante il fascismo, alla repressione dell’antifascismo pisano, nonché alcune testimonianze di ex allievi.

Luca LaRovere