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Barbara Spinelli – Il sonno della memoria. L’Europa dei totalitarismi – 2001

Barbara Spinelli
Milano, Mondadori, pp. 419, euro 18,59

Anno di pubblicazione: 2001

Il titolo del libro potrebbe essere svolto come segue: sulla utilità e sul danno della memoria per la vita e per la storia. L’autrice rimprovera chi addormenta e pietrifica la memoria, ma nello stesso tempo è consapevole dei rischi insiti in quel sovrappiù di memoria già denunciato da Charles Maier. I suoi giudizi, basati su una larga conoscenza della letteratura, sono drastici ed enunciati, come suol dirsi, senza guardare in faccia nessuno. In questo atteggiamento l’autrice è favorita dal suo non essere una storica professionista, e dal non avere alcuna inibizione ad esprimere giudizi politici che sono anche taglienti giudizi morali. Essa può perciò suscitare così schiette ammirazioni come radicate repulse. In ogni caso, il libro, che si legge con vivo interesse, offre molteplici e acute occasioni di riflessione.
L’asse principale del discorso è rivolto contro tutti i totalitarismi e in particolare contro quelli nazista e comunista, completamente assimilati, salva qualche sfumatura. Spinelli parla di due liberazioni, quella del 1945 e quella del 1989, e dedica particolare attenzione a quanto di continuistico, trasformistico e deludente è avvenuto nei paesi dell’Est. Suo eroe è Havel, l’unico che capì quale profonda trasformazione interiore avrebbe dovuto seguire al crollo dei vecchi regimi. L’autrice dà molta colpa alla ignavia e all’opportunismo dell’Occidente, che preferì parlare nostalgicamente di Mitteleuropa piuttosto che accogliere subito quei paesi nell’unica vera Europa, senza umilianti anticamere. L’europeismo dell’autrice, degna figlia di Altiero Spinelli, è fermissimo e integrale e alimenta la sua passione di fustigatrice dei costumi politici.
Duro è il giudizio sulla Russia di Eltsin e di Putin, blanditi dall’Occidente mentre conducevano guerre spietate contro la Cecenia. Così l’Occidente ha subito dilapidato il patrimonio finalmente cominciatosi ad accumulare nel Kossovo a favore della limitazione della sovranità nazionale allo scopo di salvaguardare i diritti umani. Non meno netta è la critica contro le ideologiche illusioni occidentali sul rapido e sicuro affermarsi della libertà e della democrazia come conseguenza della introduzione nei paesi dell’Est di un mercato non sorretto da regole istituzionali e da chiarezza culturale.
La parte meno riuscita sembra proprio quella sull’Italia, anche se ricca a sua volta di spunti stimolanti quando parla dei ?patti dell’oblio?. Nelle pagine dedicate alla Germania viene dato molto rilievo alla capacità dimostrata dalla Repubblica federale di costruire nel paese un tessuto democratico. Sull’Austria si concentrano invece molte degli strali dell’autrice. Di Giovanni Paolo II viene dato un ritratto a dire il vero troppo idilliaco. Di grande interesse il capitolo finale, sofferto ed equilibrato, su Israele e la storiografia israeliana cosiddetta revisionista.

Claudio Pavone