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Bartolomé Bennassar – La guerra di Spagna. Una tragedia nazionale – 2006

Bartolomé Bennassar
Torino, Einaudi, XV- 520 pp., euro 28,00 (ed. or. Paris, 2004)

Anno di pubblicazione: 2006

Noto in Italia per i suoi studi sull’Inquisizione e sul Secolo d’Oro, l’ispanista francese ha fatto frequenti incursioni nella storia della Spagna contemporanea ed è divenuto sempre più prolifico. Così nell’ultimo quinquennio ha scritto, tra l’altro, una monografia sul conquistatore Hernán Cortés, un excursus su l’«uomo spagnolo» tra XVI e XIX secolo, un romanzo ambientato in Colombia, una panoramica su regine e principesse europee in età moderna, e infine questo libro sulla guerra civile spagnola, apparso in Francia nel 2004, che non solo abbraccia gli anni della Repubblica anteguerra e del conflitto, ma dedica anche una cospicua parte al dopoguerra. Malgrado lo sforzo tuttavia, l’opera risulta per molti aspetti imprecisa e approssimativa, spesso incomprensibile nella sua sequenza espositiva, povera di fonti e alquanto infondata sul piano interpretativo. Quanto ad esattezza, per esempio, l’autore presenta Azaña come capo della coalizione repubblicana già nel giugno del 1931, quando bastava leggere la biografia di Juliá per sapere che egli occupò quel ruolo solo nell’ottobre successivo come «homo novus» per un gioco di veti incrociati; oppure la caduta del governo Caballero nel maggio 1937 è presentata come complotto comunista, quando si sa che fu unanimemente voluta anche dai partiti «borghesi» del Fronte popolare.La capricciosità dell’impianto narrativo ? martoriato peraltro da un traduttore ignaro dell’argomento ? rende poi il libro spesso incomprensibile. Ci si chiede, ad esempio, quali nozioni possa ricavare il lettore all’oscuro della materia, da una trattazione del contesto internazionale della guerra esposta secondo questa successione di paragrafi: come la Repubblica ha pagato le armi sovietiche, la Repubblica chiede aiuto alla Francia, i ribelli ricevono aiuti da Hitler e Mussolini, traffico di armi e aviatori stranieri per l’una e l’altra parte, le Brigate internazionali, il corpo di spedizione italiano, e, trattata in fine, la questione del «non intervento». Fonti insufficienti e invecchiate: per lo più il poco esistente in lingua francese, il libro di Ramón Tamames, economista improvvisatosi storico negli anni Settanta, o quello di Burnett Bolloten, vera miniera di citazioni ma da leggere criticamente per la sua aperta militanza anticomunista. Dalla povertà delle fonti e dalla loro lettura acritica discende la povertà interpretativa. Se si giudica, ad esempio, Gil Robles solo sulla base della sua tarda autobiografia, egli diventa quel perfetto democratico che non fu affatto. Se ci si basa solo su letture marginali si può ritenere che Caballero abbia fatto entrare gli anarchici nel suo governo per impressionare favorevolmente, con un esempio di grande unità, i governi di Parigi e Londra, ma è noto, e persino ovvio, che questi non lo apprezzarono affatto. Se si dipende da Bolloten, Negrín è senza chiaroscuri un servo di Mosca; o si lasciano lì interrogativi ? «Dobbiamo credere che le sue aspirazioni profonde concordassero perfettamente con la strategia dell’URSS negli anni 1936-39?» (p. 296) ? insulsi e senza risposta. La guerra civile spagnola è troppo complicata per essere interpretata con rapidi giudizi, ambiziosi quanto inconsistenti.

Gabriele Ranzato