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Biancamaria Brumana (a cura di) – Verdi a Perugia e in Umbria nell’Ottocento – 2001

Biancamaria Brumana (a cura di)
Perugia, Morlacchi, pp. 178, euro 18,08

Anno di pubblicazione: 2001

Già nel corso del secolo diciottesimo quella umbra è una delle zone più densamente ricche di strutture teatrali di tutta la penisola ed è in quella gran quantità di sale all’italiana che le opere verdiane sarebbero diffusamente circolate nella seconda metà dell’800. Il volume curato da Brumana, docente di storia della musica a Perugia, descrive attentamente la circolazione del repertorio verdiano nei teatri umbri e in tal modo fornisce un tassello importante della presenza del più noto compositore del periodo nel complesso dell’Italia ottocentesca.
Il risultato di questa indagine è riassunto in un prospetto cronologico posto in coda all’Introduzione che ci presenta l’intera produzione regionale suddivisa per singole località: quasi 150 diversi allestimenti, per un numero purtroppo imprecisato di recite, che comprendono la quasi totalità della produzione verdiana, con addensamenti cronologici e predilezioni testuali che variano da luogo a luogo ma che riconducono ad un elemento comune: l’enorme successo di questi testi melodrammatici e la loro capacità di raggiungere una grande quantità di pubblico. Ad iniziare da Perugia che nelle sue due sale settecentesche programma almeno un’opera verdiana l’anno (ma nei decenni preunitari più spesso due), ci rendiamo subito conto che i melodrammi composti per i grandi teatri di tradizione arrivano rapidamente anche nelle sale medie e piccole dell’Italia centrale: a Spoleto e a Foligno, dove opere come Ernani, Attila, o I Lombardi, monopolizzano le scene degli anni quaranta con tutte le loro potenzialità di ricezione politica, fino a centri come Bevagna o Amelia, ognuno dotato di una propria sala all’italiana dove risuonano le note verdiane, magari, ad unificazione appena avvenuta, quelle eroiche e italianissime della Battaglia di Legnano. Difficile individuare nell’Italia di quel periodo un veicolo di unificazione culturale diffuso e funzionante in modo così capillare.
Per ogni realtà urbana analizzata il volume presenta una cronologia completa, comprensiva cioè dei dati sugli interpreti, sull’orchestra, sul libretto, e dove possibile sul numero delle rappresentazioni. Questo ci fa constatare con qualche sorpresa come ancora nel corso degli anni settanta circolassero anche in piazze che non erano precisamente di rilievo delle opere del tutto nuove, talvolta non ancora approdate a Roma o a Firenze (è il caso di Aida nel ’74), e anche compagnie di cantanti di tutto rispetto, direttamente provenienti dai grandi teatri. I decenni centrali dell’800 rappresentano infatti il momento clou di quel sistema diffusivo dell’opera lirica che era basato sulle figure degli impresari e che mantenne a lungo un carattere realmente policentrico. Le cose inizieranno gradualmente a cambiare, e il libro ce lo conferma, solo negli ultimi decenni del secolo, con la definitiva preminenza delle grandi piazze teatrali e la netta separazione dei circuiti, che ben difficilmente farà ormai approdare il Trovatore della Scala o della Fenice nei teatri accademici di Perugia o di Terni.

Carlotta Sorba