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Breve storia dell’emigrazione italiana in Svizzera. Dall’esodo di massa alle nuove mobilità, Prefazione di Sandro Cattacin

Toni Ricciardi
Roma, Donzelli, XIV-250 pp., € 19,50

Anno di pubblicazione: 2018

L’a. consegna ai lettori un essenziale profilo della storia degli italiani nella Confederazione
Elvetica e, insieme, una sintesi dei suoi studi precedenti. Il libro si sviluppa in
cinque capitoli nei quali l’a. rende conto dei principali elementi di un’esperienza migratoria
lunga, maturata in un paese piccolo, abitato da pochi milioni di abitanti e tuttavia
molto complesso, internamente eterogeneo e ricco di contraddizioni. Ai paragrafi iniziali
dedicati alle dinamiche migratorie prenovecentesche, segue una ricostruzione dei decenni
in cui la presenza italiana in Svizzera assunse dimensione di massa. Tracciate le coordinate
di una politica migratoria definita nelle sue linee generali tra gli anni ’20 e gli anni ’30,
l’a. ricostruisce il contesto in cui maturarono gli accordi bilaterali tra Italia e Svizzera;
gli effetti che ebbero sulla qualità della vita dei migranti, le reazioni di questi ultimi alle
difficoltà; la costruzione di una potente rete associativa; le reazioni xenofobe degli autoctoni;
le dinamiche demografiche della comunità italiana. Trovano spazio anche aspetti di
storia culturale, affrontati attraverso le rappresentazioni cinematografiche, i documentari
militanti, la produzione letteraria degli emigrati, il programma televisivo Un’ora per voi.
Al lavoro di sintesi, l’a. aggiunge alcune incursioni interpretative. Vede nel rapporto
tra la Svizzera e lo «straniero» «un modello di analisi per eccellenza, ricco di paradossi»
(p. 11), come quello di avere messo in campo nel Mondiale del 2014 la squadra più
cosmopolita del torneo, pochi mesi dopo che un referendum antistranieri aveva raccolto
la maggioranza dei consensi. O, ancora, evidenziate le difficoltà e i conflitti vissuti dalla
comunità italiana negli anni ’50 e ’60, l’a. sostiene: «gli anni ottanta rappresentarono il
decennio della definitiva accettazione e del sentirsi, non del tutto ma lentamente, sempre
più a casa. Se fino agli anni settanta, tra la variegata comunità italiana prevalse una sorta
di strategia dell’autoesclusione, con forme organizzate di partecipazione collettiva, rivolte
essenzialmente verso la rivendicazione dei diritti in ambito lavorativo, negli anni ottanta
l’essere un italiano o un’italiana in Svizzera cambiò» (p. 228). Secondo l’a., inoltre, «molte
delle questioni che rendevano poco piacevole, o quantomeno difficile se non ardua, la
presenza italiana in Svizzera, in un modo o nell’altro furono superate […]. Cambiarono
le leggi e allo stesso tempo cambiò il tipo di presenza: da clandestina, temporanea e ospite
si trasformò in permanente e progressivamente sempre più integrata» (p. 232).
Queste riflessioni, condivise anche dal sociologo Sandro Cattacin, meritano attenzione
e vanno considerate punti di partenza per nuovi cantieri di ricerca da dedicare
agli anni ’80, in cui il profilo della comunità italiana in Svizzera si trasformò rispetto ai
decenni precedenti, per effetto della stabilizzazione della comunità e della sua evoluzione
demografica: con quali esiti sulla collettività e sugli individui è materia da studiare e approfondire
ulteriormente.

Paolo Barcella