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Bruno Maida – Proletari della borghesia. I piccoli commercianti dall’Unità a oggi – 2009

Bruno Maida
Roma, Carocci, 183 pp., Euro 15,10

Anno di pubblicazione: 2009

Apparso nell’agile collana di Carocci «Quality paperbacks», questo libro ambisce a colmare un vuoto nella storiografia italiana, quello relativo alla figura del piccolo commerciante. E ci riesce pienamente.Dopo avere affrontato alcuni importanti nodi teorici, fra i quali la collocazione socio-culturale dei commercianti come lower middle classes e i persistenti stereotipi negativi che li accompagnano, il volume di Bruno Maida si apre con un quadro dell’epoca liberale. Qui la condizione dei piccoli commercianti è descrivibile come uno stato di marginalità economica e sociale, sostenuta da regole consuetudinarie e interventi di tipo corporativo, in assenza di specifiche leggi di riferimento. L’acquiescenza dello Stato liberale vede una drammatica svolta con la prima guerra mondiale, quando vengono al pettine le deficienze del settore e i commercianti – ultimo anello della catena – sono additati come colpevoli di tutte le carenze di beni alimentari e di consumo, divenendo persino oggetto di violenze. In tal modo il distacco insofferente verso lo Stato diventa, per gran parte di questo ceto, un risentimento insanabile. Di qui la spinta verso la costituzione di una propria associazione di rappresentanza nel 1926 e un rapporto di simpatia verso il nascente movimento fascista.Le vicende del fascismo costituiscono la parte centrale del libro, anche dal punto di vista interpretativo, poiché è fra le due guerre che prende forma una matrice che proseguirà, sotto molti aspetti, fino a ‘900 inoltrato. Il fascismo mostra però un atteggiamento ambivalente: da un lato sembra premiare i piccoli commercianti con leggi e aiuti (è del 1926 la fondamentale legge sulle licenze commerciali); dall’altro, non favorisce in alcun modo la loro modernizzazione e l’uscita dalla marginalità economica, e spesso alimenta campagne propagandistiche contro il «bottegaio-ladro», che culmineranno negli anni della seconda guerra mondiale. Il periodo dalla ricostruzione fino al 1971 (quando interviene una nuova legge quadro) si riassume in una ritardata spinta alla trasformazione commerciale. Gli stretti legami con i partiti al potere, le prime timide trasformazioni commerciali come i supermercati, l’evoluzione sociale indotta dalla massiccia immigrazione e le conseguenze della crescita economica non riescono a incidere profondamente sul mondo del piccolo commercio, che sembra inchiodato, per usare una felice espressione dell’a., in una situazione di «marginalità garantita». Solo con gli anni ’80 la situazione muterà rapidamente – e in genere non a favore del piccolo commercio. Si affermerà progressivamente la grande distribuzione e si attueranno provvedimenti liberistici come la legge Bersani (peraltro non sempre applicata), mentre il piccolo commercio continuerà a oscillare «tra passato e futuro».Nel complesso un libro denso, dettagliato ed efficace, che fornisce una completa sintesi delle vicende di una fascia sociale troppo spesso dimenticata, o investita da facili accuse politiche (pensiamo al fascismo) e che rivela invece un quadro variegato e la presenza di una vera e propria «cultura» del mestiere, con tutti i suoi eventuali limiti.

Emanuela Scarpellini