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Camillo Pavan – I prigionieri italiani dopo Caporetto – 2001

Camillo Pavan
Treviso, Pavan, pp. 175, euro 18,00

Anno di pubblicazione: 2001

I prigionieri Italiani dopo Caporetto di Camillo Pavan dimostra molto bene le potenzialità ancora inesplorate, sia come tematiche che come fonti archivistiche, della storia della Grande Guerra italiana. Basato in larga parte su una silloge di diari di guerra, alcuni inediti rinvenuti all’Archivio Diaristico Nazionale, questo volume tenta una cronaca collettiva della resa e delle tappe della prigionia dei vinti di Caporetto, dalla cattura alla lunga marcia verso l’interno dell’Impero, fino alla dura prigionia del campo di concentramento. Ci troviamo di fronte ad un’utile (e per molti versi necessaria) integrazione al volume Soldati e prigionieri che Giovanna Procacci pubblicò nel 1993. Del destino dei soldati catturati nell’ottobre 1917 sappiamo ormai molto: conosciamo le dure condizioni dei campi di prigionia, il rifiuto del governo italiano di assisterli, le polemiche innescate dalla consapevolezza che questo rifiuto causò la morte per stenti di un numero imprecisato di internati. Le testimonianze raccolte da Pavan permettono dunque una conoscenza più dettagliata e più approfondita di questa situazione pur non rivelando alcun dato particolarmente innovativo. Ciò non priva totalmente di interesse il volume, ma permette di rilevarne con maggior chiarezza alcuni difetti. Innanzitutto, una scarsa ricerca bibliografica. Non occorre scorrere l’elenco delle opere consultate per accorgersi della superficialità dell’inquadramento critico: i maggiori nomi della storiografia militare italiana mancano, o sono solo parzialmente consultati. C’è l’Isnenghi dei Vinti di Caporetto ma manca Il mito della Grande Guerra, l’unica opera consultata di Rochat è la Breve storia dell’esercito italiano, mancano Monticone, Pieri, Gibelli, manca il Tomaselli de Gli ultimi di Caporetto. Mancano insomma tutti quei riferimenti che avrebbero migliorato lo spessore interpretativo ed evitato alcune ingenuità. ?Molto più spesso di quanto si pensi? scrive l’autore ?gli italiani opposero resistenza contro lo strapotere dell’offensiva austrotedesca. Episodi dimenticati, perché nell’immaginario popolare della disfatta di Caporetto è rimasto soltanto il ricordo dell’informe ed inerte massa di soldati protesi a raggiungere e superare il Tagliamento?? (p. 16). Sarebbe stato opportuno qui segnalare che ben più complessa è la costruzione della memoria di Caporetto e che proprio Tomaselli è tra gli artefici di un epos della resistenza, un processo di mitopoiesi che tra le due guerre ebbe un certo successo. ?Fra ufficiali ci si capisce, si appartiene alla stessa classe sociale?, sostiene a p. 36 Pavan. Ma sulla complessità della costituzione sociale e culturale del corpo ufficiali italiano durante la Grande Guerra varrebbe forse la pena spendere qualche parola. A questo si dovrebbe forse aggiungere la pressoché totale assenza di fonti austriache (se non pochi titoli tradotti), laddove vengono utilizzate ad esempio testimonianze slovene. L’impressione che se ne ricava è di un contributo utile per il materiale documentario utilizzato, un materiale che dovrebbe però essere ripensato e riletto più criticamente.

Marco Mondini