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«Camminare col proprio tempo». Il femminismo cristiano di primo Novecento

Isabella Pera
Roma, Viella, 214 pp., € 26,00

Anno di pubblicazione: 2016

Il periodico «Pensiero e Azione» cominciò la sua avventura nel dicembre 1904 e
la concluse nel luglio 1908. Era espressione del Fascio democratico-cristiano e poi della
Federazione femminile milanese anche se si rivolgeva a un pubblico ben più ampio come
indicato nel sottotitolo «Rivista femminile italiana». Affrontava temi di grande modernità
e soprattutto intendeva mettersi nella linea del modernismo diffusa dalla rivista «Cultura
Sociale» nata a Milano alla fine dell’800. Del resto la capitale lombarda era allora di
gran lunga la città italiana più industrializzata e culturalmente all’avanguardia. Qui infatti
erano nate le prime organizzazioni sindacali italiane, le Camere del lavoro e la Lega del
lavoro, e il Partito socialista aveva mosso i suoi primi passi.
L’esperienza si concluse, come è noto, con la pubblicazione dell’enciclica Pascendi
che condannò il modernismo e di conseguenza tutte quelle iniziative che furono più o
meno ricondotte a Murri. Sotto la scure della censura caddero anche il Fascio femminile
e quello maschile colpevoli di modernità deviante e perciò sospesi. In particolare il Fascio
femminile fu travolto anche da una damnatio memoriae tanto più grave per le donne che
già soffrivano di una palese carenza di visibilità. Per questo motivo il lavoro di Pera risulta
essere di grande importanza perché mentre la storia delle donne dell’Azione cattolica – in
qualche modo vincenti nel panorama della cattolicità – è già stata in parte indagata quella
delle femministe di «Pensiero e Azione» – in un certo senso perdenti – risulta ancora oggi
largamente inesplorata. Le donne della Federazione femminile milanese erano delle vere
«femministe cristiane», che non significava semplicemente l’adesione ai valori del femminismo,
ma piuttosto l’elaborazione di una linea autonoma, con la richiesta dei diritti
fondamentali: istruzione femminile, parità salariale, parità nelle professioni, difesa contro
la violenza maschile.
L’a. la affronta con una certa ampiezza occupandosi in primo luogo del contesto
ecclesiale milanese al momento della nascita delle prime organizzazioni femminili della
democrazia cristiana. Segue poi le origini del periodico e i temi principali toccati dal
giornale, da quelli prettamente femminili: istruzione e cultura delle donne, coeducazione,
tratta delle bianche, prostituzione; fino ai temi della pace, dell’antimilitarismo e dei diritti
umani.
Nella seconda parte del libro, l’a. si dedica alla ricostruzione di alcune figure più
significative del femminismo milanese: Adelaide Coari, Pierina Corbetta e il sacerdote
don Carlo Grugnì. Nell’ultimo capitolo, attraverso i documenti inediti dell’Archivio
Segreto Vaticano, affronta la drammatica fase finale della rivista attraverso le accuse dei
detrattori del fronte antimodernista per i quali le donne del Fascio erano tutte socialiste
e «teosofe».
Nel complesso un lavoro molto serio che ci restituisce una pagina di storia doppiamente
dimenticata perché realizzata da donne e per di più perdenti.

 Cecilia Dau Novelli