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Carlo Ghisalberti – Da Campoformio a Osimo: la frontiera orientale tra storia e storiografia – 2001

Carlo Ghisalberti
Napoli, ESI, ?Quaderni di Clio? n. 4, pp. 272, euro 17,56

Anno di pubblicazione: 2001

Il filo conduttore di questa rassegna di saggi e interventi prodotti in più di un ventennio di attività è costituito dal lento declino di ?un’italianità civile e culturale? piuttosto che nazionale ? come la definisce l’autore ? nell’Istria, nel Carnaro e nella Dalmazia, nel susseguirsi delle dominazioni straniere sull’Adriatico orientale dopo la fine della Serenissima nel 1797.
L’evoluzione politica e sociale dell’italianità della costa orientale dell’Adriatico dopo la pace di Campoformio e l’effimera esperienza delle Province Illiriche segnano l’inizio ?del distacco di quelle regioni dall’Italia?. Ne segue un percorso di declino che nella narrazione appare quasi inarrestabile in seguito a mutamenti politico-costituzionali ma anche a errori di definizione della politica italiana. La ?scarsa conoscenza della realtà slava? si manifesta nella definizione degli obiettivi dell’intervento nella Grande Guerra; nonché dopo le annessioni successive al 1918 spiega l’esodo degli italiani ?dei territori al di là di Trieste? avvenuto dopo la sconfitta subita nel secondo conflitto mondiale.
Il concetto di nazione del Ghisalberti appare scarsamente elaborato quando non tradizionalmente ?nazionalistico?, ovvero intento a privilegiare il punto di vista nazionale italiano in un’ottica incentrata sull’Adriatico orientale. Si tratta di un problema fondamentale per affrontare lo studio di un’area caratterizzata da percorsi di formazione nazionale complessi, spinti spesso da interessi autonomistici che solo con qualche forzatura si possono definire nazionali. Che il dominio austriaco durante il Risorgimento favorisse ?l’elemento slavo? nel timore dell’irredentismo degli ?italiani della costa? (p. 35) è inesatto, almeno per gran parte dell’Ottocento quando il suffragio ristretto chiaramente favoriva le élites di lingua italiana. Il ?dominio diretto pur rispettoso, in limiti sempre più ristretti, sia delle autonomie locali sia della potestà statuaria? (p. 37) spiega l’attaccamento delle élites municipali dalmate al retaggio della Serenissima, cosa significativa, ma a patto di ignorare gli interessi del resto della popolazione, estremamente arretrata e povera secondo tutti i resoconti dei contemporanei.
I limiti di questi studi sono tipici di molta storiografia italiana che continua a nutrirsi di fonti scritte esclusivamente in italiano. Il carattere coloniale del dominio veneto ?d’Oltremare? è stato ipotizzato da diversi autori ? primo fra tutti Alberto Fortis. Stranamente, il suo Viaggio in Dalmazia, opera di vasta risonanza internazionale, non viene citato. È una prospettiva che merita di essere considerata: anche l’autore paragona la signoria veneta ?per la proporzione numerica tra i veneziani e i loro sudditi, a quella dell’Impero britannico? (p. 32).

William Klinger