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Carlo Ghisalberti – Silvio Spaventa tra Risorgimento e Stato unitario – 2003

Carlo Ghisalberti
Napoli, Vivarium, pp. 158, euro 19,50

Anno di pubblicazione: 2003

Riproporre all’attenzione la riflessione di Silvio Spaventa su questioni centrali del Risorgimento come l’unità e l’indipendenza della patria, l’accentramento, la giustizia amministrativa, l’intervento pubblico in economia, il rapporto tra Stato e Chiesa, il ruolo dei partiti, è indubbiamente meritorio: consente di meditare più a fondo il complesso fenomeno del liberalismo italiano e di collocarlo in un’ottica meno nazionale e più europea, intrisa di idee e fatti, ?poesia? e ?prosa?, opposizione e compromesso.
Il volume si apre con la ricostruzione del giudizio degli storici su Spaventa, giustamente considerato ?uno dei personaggi maggiori del nostro Risorgimento per la vocazione unitaria che ne ispirò l’azione [?], per la capacità d’analisi della realtà italiana e di quella meridionale in particolare [?], per l’apporto fondamentale dato alla politica negli anni dell’Unità e per la partecipazione attiva [?] alla vita dello Stato nazionale? (p. 15). La totale adesione al pensiero di Spaventa da parte dell’autore continua nel II capitolo ? sul ’48 napoletano ? per emergere ancor più nel III, dove vengono definiti i termini concettuali dell’idea di ?costituzione? in Spaventa.
Dopo aver delineato il ruolo della filosofia hegeliana sulla cultura meridionale nella ?costruzione di uno Stato tipologicamente moderno?, nazionale e unitario (cap. IV), l’autore si concentra su alcuni elementi caratterizzanti il pensiero di Spaventa (cap. V): l’idea ?dello Stato come comunità politica tendente ad abbracciare [?] la società civile, e quella della consapevolezza storica della realtà nazionale [?] come premessa necessaria all’interpretazione ed alla soluzione di ogni problema della vita associata? (p. 74). E ancora, nell’intervento per l’accentramento amministrativo, la statizzazione ferroviaria e la regolamentazione statale dell’università (cap. VI) l’autore individua le coordinate centrali del pensiero e dell’impegno concreto di Spaventa, che ribadiva così la sua scelta di fondo che voleva l’amministrazione prevalere sulla dimensione particolaristica della politica. Pur riconoscendone gli errori, Spaventa, caduta la Destra Storica, dava un giudizio di sostanziale validità della sua politica (cap. VII).
È significativo che Ghisalberti ponga l’accento sullo ?storicismo? di Spaventa, inteso come metodo per dare alla libertà un contenuto concreto in grado di equilibrare idea e realtà, ambito europeo e situazione nazionale, passato e futuro. In questo contesto storicista risalta anche il concetto di ?costituzione?, inteso da Spaventa come accordo in continua evoluzione tra Stato e società, istituzioni e popolo.
Tuttavia lo sforzo di ribadire la validità del pensiero di Spaventa sembra distrarre l’autore dalla necessità di far comprendere quanto fu recepito della sua riflessione nel sistema italiano. Varrebbe la pena, ad esempio, di chiedersi se la scelta accentrata si risolse di fatto in un ?comando impossibile? del centro verso la periferia, o anche di porre il problema se questa scelta, come quella del suffragio ristretto, mirasse a consolidare il potere della borghesia liberale, la sola per Spaventa in grado di portare a compimento la ?civiltà? in quanto ?unità della cultura e del benessere? (Lo Stato e le ferrovie, 1876).

Monica Cioli