Anno di pubblicazione: 2009
Il libro ricostruisce la storia di una famiglia di medici e in particolare quella del suo membro più illustre, Andrea (1772-1826), professionista e docente universitario a Pisa. Il rilievo dato nel titolo alla «bella Vaccà» – Sophie Caudeiron, moglie di Leopoldo e poi di suo fratello Andrea – si spiega con l’itinerario di ricerca dell’a., che ha iniziato a interessarsi a questa famiglia, diversi anni fa, proprio con Sophie, animatrice di un importante salotto pisano, frequentato da Giacomo Leopardi (1827-1828). Il riferimento a Sophie come la «bella Vaccà» si trova appunto in una lettera di Leopardi al Vieusseux.Va segnalata la prefazione di Mario Montorzi e il fatto che il volume inauguri la sezione «Cerchie parentali e professionali» di una collana diretta dallo stesso Montorzi. Quella dei Vaccà è infatti una storia esemplare delle trasformazioni del ceto medio d’ancien régime tra l’età rivoluzionaria e gli albori del Risorgimento.I Vaccà Berlinghieri si tramandavano di padre in figlio la professione di medico dalla metà del ‘600. All’attività professionale si aggiunse presto la proprietà terriera, ma per la loro affermazione come professionisti e come possidenti fu essenziale l’età di Pietro Leopoldo, il favore verso le istituzioni scientifiche da una parte e dall’altra l’ampliamento del mercato fondiario, con la soppressione degli enti ecclesiastici. I Vaccà approfittarono di entrambe le opportunità, divenendo proprietari di rilievo nei dintorni di Montefoscoli, ma insieme, come medici, spiccando il volo verso la città: Francesco infatti nel 1766 divenne professore dello Studio pisano. I suoi figli andarono più lontano: erano a Parigi nel 1789 per studiare medicina, ma si interessarono anche ad altro, naturalmente. Così, negli anni dell’occupazione francese i Vaccà si segnalarono come «giacobini» e all’arrivo delle truppe austro-russe, mentre la famiglia in Toscana veniva presa di mira, Leopoldo si arruolò nell’esercito francese e rimase ufficiale dell’Armée fino al 1809, quando morì a Lerici, sulla strada del ritorno a casa: una vicenda personale coinvolgente, di impronta foscoliana. Fu meno romantica invece la vita di Andrea, rimasto in Toscana. Nel 1814 sposò Sophie, superando gli ostacoli posti dal diritto canonico. Diventò medico del granduca, nel 1818 fu nobilitato e nel 1820 acquistò uno dei palazzi più prestigiosi del Lungarno. Subito dopo fece costruire, sulle terre di famiglia a Montefoscoli, un tempio di Minerva medica, edificio neoclassico di sapore massonico, in onore del padre. Nonostante il sentore di liberalismo e di ateismo che lo aveva accompagnato per tutta la vita, fu sepolto nel Camposanto monumentale, «nel Pantheon che la Patria riconoscente elevò […] alla memoria degli uomini di lei benemeriti» (p. 166); la sottoscrizione per erigergli un monumento funebre, scolpito da Thorvaldsen (1830), rappresentò in città la prima vittoria dell’opinione pubblica sull’apparato poliziesco granducale.Gli storici della medicina, per finire, troveranno molto utile la ricostruzione della rete internazionale di rapporti scientifici, nella quale i Vaccà erano inseriti.