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Cesare Brandi e la Regia Pinacoteca di Siena. Museologia e storia dell’arte negli anni Trenta

Bernardina Sani
Roma, Carocci, 200 pp., € 21,00

Anno di pubblicazione: 2017

Istituita per decreto regio il 9 luglio 1930, la Regia Pinacoteca di Siena apre al pubblico il 28 ottobre 1932, nel decennale della Marcia su Roma. I Palazzi Buonsignori e Brigidi, individuati come sede idonea tra polemiche e critiche, accolgono le collezioni fino ad allora custodite presso l’Accademia di Belle Arti, e frutto eterogeneo delle soppressioni napoleoniche, di lasciti, depositi, acquisti.
L’istituzione del museo si inscrive in una serie numerosa di iniziative volte ad affermare da una parte l’intraprendenza del podestà Fabio Bargagli Petrucci, autore di un progetto di riforma urbanistica e culturale della città, e dall’altra a celebrare, attraverso le arti e le collezioni pubbliche, la politica del regime e il suo interesse per il territorio e il patrimonio nazionali, tra i quali si riconosce a Siena e alla sua scuola pittorica un ruolo preminente.
Ma l’apertura della Pinacoteca diviene un’occasione per affrontare il tema del museo nella sua interezza in modo nuovo, soprattutto grazie a un fertile contesto intellettuale e al lavoro di un giovane, brillante studioso senese. Incaricato dal Soprintendente Pèleo Bacci di catalogare e riallestire la collezione è infatti il venticinquenne Cesare Brandi, plurilaureato, formatosi nel crogiuolo letterario, artistico e critico della Firenze dei tardi anni ’20, con all’attivo pubblicazioni su riviste italiane e straniere e un’esperienza nella catalogazione di beni artistici del territorio.
Confrontando serratamente documenti di archivio, carteggi privati, inventari, interventi su riviste, pubblicazioni coeve e successive, l’a. ricostruisce il percorso conoscitivo e le scelte museografiche di Brandi, autonome e spesso coraggiose, arricchendo di un prezioso tassello gli studi. Attraverso i vari e spesso difficili intrecci culturali, i sodalizi scientifici e amicali, le relazioni accademiche e ministeriali, emerge un complesso percorso di studioso e di «curatore». Per allestire gli spazi e predisporre il catalogo (La Regia Pinacoteca di Siena, Libreria dello Stato, 1933), Brandi compie, infatti, un fine lavoro critico sui cataloghi preesistenti, sulle fonti edite e manoscritte, sulla storia stilistica e sulle attribuzioni. La sua indagine, arricchita da frequenti viaggi e visite a musei stranieri, comprende anche un’analisi sullo stato conservativo delle opere – sono gli anni in cui l’Italia è in contatto con gli organi internazionali che si occupano di restauro – verificate nella loro vicenda storica e materiale.
Su queste basi e in dialogo costante con l’amico Ranuccio Bianchi Bandinelli, con gli storici dell’arte dell’Istituto Germanico di Firenze, con l’esperto di arte senese Curt H. Weigelt, e anche sulla base di riflessioni sull’opera di Proust e sul dibattito culturale contemporaneo, Brandi realizza nella nuova Pinacoteca un ordinamento – pressoché invariato – razionale, dal limpido ordine cronologico, pausato e sobrio, all’avanguardia anche per strutture di allestimento e impianti elettrici e di sicurezza, e che rivoluziona l’immagine di «delizioso bazar medievale» con cui Siena era conosciuta nel mondo.

Anna Villari