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Charles Burdett – Journey through Fascism. Italian travel writing between the Wars – 2007

Charles Burdett
Oxford-New York, Berghan Books, 288 pp., Euro 42,50

Anno di pubblicazione: 2007

In questo volume si intersecano due dei filoni di ricerca dell’autore. Docente di Italian Studies all’Università di Bristol, Charles Burdett è uno studioso della cultura fascista e della letteratura di viaggio europea tra le due guerre. Oggetto del libro è infatti la narrazione del viaggio nell’Italia fascista. Il termine inglese usato per designarla, travel writing, indica chiaramente l’ambito metodologico nel quale il volume si colloca, ossia quello degli studi culturali costruito attorno alla nozione di discorso: i testi non hanno valore in sé, ma rimandano a più ampie formazioni discorsive dalle quali sono influenzati I numerosi richiami a Foucault che costellano il testo sono la rituale dichiarazione di appartenenza a questo filone; altrettanto rituale è il riferimento a Edward Said e agli studi post-coloniali. Travel writing è un termine molto ampio, di cui non sono definiti i confini. Il concetto di viaggio viene usato nel libro come sinonimo di altrove e per questo comprende anche la narrazione degli «spazi altri», concetto usato da Foucault per indicare gli spazi utopici che sussistono all’interno di ogni società (da non confondere con i «non luoghi» di Augé). Con questa premessa metodologica, l’a. dà alla narrazione del viaggio nel ventennio una duplice accezione: quella del viaggio interno, che si svolge nei «luoghi altri», quali le nuove prigioni, i siti commemorativi, le nuove città prodotto della colonizzazione interna; e quella del viaggio oltre i confini. L’India, il Messico, gli Stati Uniti, l’Unione Sovietica, la Germania, le colonie africane furono mete di viaggio e di osservazione da parte di un gruppo di scrittori e giornalisti ben noti agli storici, quali Emilio Cecchi, Orio Vergani, Guido Piovene, ecc. che scrissero articoli o cronache di viaggio che furono pubblicate sui giornali e spesso raccolte in volume in un secondo tempo. Il discorso si dipana così attraverso la costruzione di geografie molteplici, di luoghi e rappresentazioni letterarie dentro e fuori d’Italia. Questo caleidoscopio viene ricondotto dall’a. ai punti basilari dell’ideologia fascista: il nazionalismo e il mito imperialista. Sono essi a orientare lo sguardo di questi letterati. Il risultato finale conferma l’assunto iniziale del libro, secondo cui il racconto di viaggio è un documento della cultura di appartenenza dell’osservatore, più che di quella del paese osservato. Ricco di spunti interessanti, ben documentato e scritto in un limpido inglese, il libro si presta a due critiche: l’aver ristretto ai soli scrittori giornalisti la categoria del travel writing, escludendo la produzione dei geografi che in quegli anni produssero testi sull’altrove di straordinaria efficacia per la costruzione dell’ideologia fascista; non aver definito in modo chiaro i confini tra la figura di scrittore e quella di giornalista e non approfondendo il rapporto tra i giornali, che erano i committenti degli articoli o che comunque li pubblicavano, e i giornalisti scrittori. Se oltre al «discorso», Burdett avesse fatto uso anche del concetto bourdesiano di «campo», ciò gli avrebbe consentito di mettere in luce le strategie e i fasci di forze che animarono il campo letterario del ventennio fascista.

Maria Malatesta