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Charles T. O’Reilly – The Jews of Italy, 1938-1945. An Analysis of Revisionist Histories – 2007

Charles T. O’Reilly
Jefferson NC and London, McFarland, 221 pp., £ 25,87

Anno di pubblicazione: 2007

Il titolo del volume fuorvia il lettore: le sue pagine sono in realtà sostanzialmente dedicate al macrotema «papa e Shoah». Il sottotitolo non è ingannevole, ma non è pienamente comprensibile: se ho ben inteso, «revisionisti» sono coloro che trattano il suddetto macrotema con accenti che O’Reilly giudica non fedeli alla realtà storica. Il libro contiene (pp. 179-90) la riproposizione della traduzione inglese di un articolo di P. Blet sugli archivi vaticani, pubblicato sulla «Civiltà Cattolica» nel 1998. Il volume passa in rassegna la storiografia – preferibilmente in lingua inglese – e contiene numerose citazioni; ogni tanto rivela lacune anche rilevanti: non conosce l’esistenza delle traduzioni inglesi dei volumi di Renzo De Felice e di chi scrive sulla storia degli ebrei nel ventennio fascista [perché l’Annale Sissco non elenca le riedizioni aggiornate e le traduzioni dei volumi recensiti negli anni precedenti?].Il primo breve capitolo, dedicato agli ebrei italiani, converge su un netto giudizio di Mussolini quale responsabile di una durissima legislazione antiebraica. Al suo termine l’a. contrappone la responsabilità personale del dittatore per gli ebrei italiani convertitisi, emigrati o uccisi a un grazie agli «ordinary Italians» che permisero la sopravvivenza della maggioranza degli ebrei (p. 12). Il secondo capitolo è dedicato all’Esercito Regio e agli ebrei. Al suo termine O’Reilly evidenzia ancora una volta le responsabilità di Mussolini «for the Jews who suffered under his regime both before and afyter September 8th, 1943» e gli contrappone il comportamento dei militari nei territori occupati (pp. 24-25). È interessante il fatto che entrambi i capitoli si chiudono con la medesima citazione di L. Poliakov sul sabotaggio generalizzato di tutta Italia alla politica antiebraica del dittatore. Nel secondo capitolo risalta l’assenza di dubbi, di verifiche sulle affermazioni di altri autori, di contestualizzazione.Da pagina 27 in poi il volume è dedicato a Pio XII (con accenni a Pio XI). Qui l’a. richiama frequentemente la necessità di «constantly be aware of the context» (p. 33). Egli contesta in particolare le ricostruzioni sul «silenzio» papale e sull’assenza di un ordine scritto per il soccorso agli ebrei. O’Reilly afferma che questo soccorso fu effettivamente programmato, mentre «there is no evidence» che il successivo aiuto ai criminali in fuga fosse un «Vatican program» (p. 106). A suo parere i volumi «anti-Pio XII» sono troppo bene accolti dall’establishment culturale statunitense: quelli di S. Zuccotti e M. Phayer sono presenti in circa mille biblioteche accademiche, quelli in difesa del papa di M. Marchione e R. McInerney in meno della metà (pp. 120-21).In conclusione, il libro è un ottimo documento dell’aspra battaglia intrapresa in USA da ambienti pro-Vaticano (di ieri e oggi) e specialmente anti-Zuccotti. Gli storici antipapisti e quelli né-cosà-né-così faticheranno ad accettarne la profonda partigianeria e la mancanza di equilibrio critico.

Michele Sarfatti