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Cinema e storia: Interferenze/confluenze

Tiziana Maria Di Blasio
Roma, Viella, 315 pp., € 27,00

Anno di pubblicazione: 2014

Il dibattito sul rapporto tra cinema e storia ha una storia lunga e complessa, fatta
spesso di diffidenze reciproche. L’obiettivo principale di questo volume è quello di ricostruire
la storia di questa discussione, e così facendo contribuire al superamento delle
«antinomie ed interferenze tra questi due mondi» (p. 12). Il volume è diviso in due parti:
la prima ricostruisce la storia della riflessione storiografica sulla facoltà documentativa
dell’immagine in movimento, dalle pionieristiche riflessioni tardo-ottocentesche di Boleslaw
Matuszewski sino al presente con paragrafi dedicati ai principali teorici italiani e
di area francofona (con la sola eccezione di Siegfried Kracauer). Questo primo capitolo
ricostruisce l’evoluzione della riflessione teorica sul cinema da mera riproduzione del reale
a strumento dotato di produzione di senso storico, e le opportunità offerte da questa transizione.
La seconda parte del libro esplora alcune di queste opportunità con un duplice
approccio: da un lato ciò che l’a. definisce «l’analisi sistematica di alcune opere della storia
del Cinema tra le più significative» (p. 12) quali ad esempio quelle di David W. Griffith,
Sergej M. Ejzenštejn e del neorealismo italiano; dall’altro uno sguardo sulla storicità delle
opere filmiche in una serie di generi che vanno dal western alla commedia, passando per
il cinema di guerra e il genere agiografico.
Le intenzioni sono lodevoli, e la ricostruzione storiografica è attenta, nonostante
non sia sempre chiaro quali siano le tesi portanti del volume. Però, non mancano le lacune,
anche tenuto conto delle necessità di sintesi. In primo luogo, il libro ammette ma non
giustifica come mai, con pochissime eccezioni, la «ricerca è stata limitata all’area italiana
e francese» (p. 13). Dato che il libro non si offre come uno studio del dibattito francoitaliano
in materia ma come una ricognizione più generale, non è immediatamente chiara
la ragione per questa lacuna. Ad esempio, se Robert Rosenstone «lancia una sfida agli
storici» (p. 38) degna di menzione in un suo articolo tradotto in francese, sarebbe stato
forse utile rendere conto in maniera più compiuta di come lo storico americano abbia
sviluppato la sua riflessione nel corso degli anni.
Inoltre, sia l’a. che la prefazione di Jacques Le Goff pongono giustamente l’accento
sull’importanza di «operare una lettura della società a partire dal film, sia esso documentario
o di finzione, capolavoro o di serie z» (pp. 8 e 87). Non è chiaro a quel punto perché
focalizzare l’attenzione sullo «“sguardo” del cinema d’autore sulla Storia» (p. 13), privilegiando
esplicitamente «le opere più emblematiche […] e […] considerando i capolavori
riconosciuti» (p. 167), senza mai problematizzare né il concetto di canone, né quello di
cinema d’autore alla base di queste scelte.
In definitiva, tenuto conto di queste scelte fatte dall’a., i lettori interessati a una ricostruzione
della lunga storia del dibattito francese e italiano sul rapporto tra film e storia
troveranno spunti per ulteriori approfondimenti.

Emiliano Perra