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Claudia Magnanini – Autunno caldo e «anni di piombo». Il sindacato milanese dinanzi alla crisi economica e istituzionale – 2006

Claudia Magnanini
Milano, FrancoAngeli, 184 pp., euro 18,00

Anno di pubblicazione: 2006

Secondo volume di una storia della Camera del lavoro di Milano, il libro si inserisce in una recente ripresa delle ricerche sul sindacato e sul movimento operaio (cui ha contribuito anche il centenario della CGIL). L’autrice, che in uno studio precedente si era occupata della storia della CdL milanese dal dopoguerra agli anni Sessanta, analizza il periodo 1965-1980 dividendolo in quattro fasi. La prima va dal 1965, data del VII congresso della CdL provinciale, al 1969, quando ? dopo aver subito l’esplosione sessantottesca ? il sindacato riesce a «cavalcare la tigre» della contestazione. La seconda abbraccia il periodo 1970-73, in cui «l’organizzazione dei lavoratori [?] doveva concretizzare nei fatti il ruolo nazionale della classe operaia » (p. 97), cosa che non sempre seppe fare con efficacia, come dimostrano le alterne fortune dei Consigli Unitari di Zona. La terza abbraccia il periodo centrale degli anni Settanta, in cui la CdL deve fare i conti con le conseguenze dello shock petrolifero, con i cambiamenti nel mondo del lavoro e con il terrorismo, mentre si manifestano segnali preoccupanti di involuzione burocratica delle strutture. L’ultima, infine, è quella che va dalla «svolta dell’Eur» al 1980, quando la CdL perde progressivamente la sua «leadership all’interno del mondo del lavoro » (p. 9) subendone le trasformazioni: nell’80, data simbolica per il sindacato in Italia, la CdL si trasformerà da provinciale a territoriale aprendo così una nuova fase della sua storia. Il pregio maggiore del libro è sicuramente l’ampio lavoro di scavo condotto nell’archivio di Sesto San Giovanni. Tuttavia l’uso predominante delle carte della Segreteria, della Direzione e dei congressi costituisce anche, in un certo senso, uno dei limiti della ricerca (o quantomeno un’occasione persa). Nell’introduzione Magnanini sottolinea la centralità della Camera del lavoro come uno dei «soggetti politici fondamentali del capoluogo milanese» (p. 7) mentre, allo stesso tempo, rileva che «la produzione [storiografica] relativa alle vicende milanesi appare [?] pressoché inesistente» (p. 10). Come ci si aspetta da una storia della Camera del lavoro, l’autrice si sofferma giustamente sulle sue vicende interne e sui suoi rapporti con la Federazione nazionale ma, ponendosi quasi esclusivamente nella prospettiva dei suoi vertici, finisce per lasciare in ombra sia i rapporti con la base sindacale, spesso conflittuali e difficili, sia l’impatto delle scelte camerali sulle vicende politiche e sociali della provincia. I rapidi cenni che vengono fatti, tanto per fare alcuni esempi, alla mancata comprensione delle esplosioni operaie del ’68 e ’69, al progressivo irrigidimento burocratico del sindacato dopo il protagonismo dei primi anni Settanta oppure alle difficoltà di adattare la politica sindacale alle trasformazioni del lavoro (che a Milano si sono rivelate prima che altrove), permettono di intuire che gli archivi sindacali sono un’importante riserva di informazioni attraverso cui rendere più puntuale l’analisi di anni ancora non del tutto esplorati: però il taglio più tradizionale della storia sindacale, quello politico, che viene qui utilizzato, non sembra essere il più efficace per farlo.

Andrea Sangiovanni