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Claudio Chelli – Storie del tempo non perduto. L’utilità della diplomazia nelle testimonianze di un ambasciatore – 2001

Claudio Chelli
Prefazione di Giulio Andreotti, Venezia, Marsilio, pp. 211, euro 14,46

Anno di pubblicazione: 2001

Brillante, a tratti divertente, di piacevole lettura è il libro di memorie dell’ambasciatore Claudio Chelli, Storie del tempo non perduto. Eppure, il suo interesse sotto il profilo storico è limitato. Più che dell’autore, la ?colpa? è probabilmente del genere letterario: le memorie di un ambasciatore seguono, infatti, di norma, le regole della ?carriera? e sono improntate al riserbo, ricoperte da una patina di mondanità o filtrate da un intento didascalico. La differenza rispetto ai diari di ambasciatori italiani come Pompei o Ortona è in questo senso indicativa: il primo ci ha lasciato un materiale ?scottante? attraverso il racconto quasi quotidiano dei rapporti tra politici italiani ed esponenti vaticani negli anni caldi del divorzio, mentre il secondo ci ha fatto conoscere illuminanti oscillazioni nei rapporti tra governo italiano e autorità americane negli anni della distensione.
Ha ragione Andreotti quando sottolinea, nella Prefazione, che le pagine più interessanti riguardano la vicenda dell’Alto Adige, vissuta da Chelli in prima persona. In genere, il volume ha contemporaneamente il ?merito? di suscitare molte curiosità e il ?demerito? di deluderle puntualmente. L’ambasciatore allude a passaggi significativi per lo storico, ad esempio quando accenna ai difficili rapporti tra governo italiano e diplomazia vaticana negli anni dello scandalo Ior, ma poi non va oltre un’indiretta conferma dell’intransigenza del Ministro del Tesoro, Beniamino Andreatta, e delle capacità mediative di Agostino Casaroli. Meno felici appaiono in genere le pagine dedicate alla politica interna: non sembra ad esempio sufficiente un comunicato Ansa per giudicare l’atteggiamento del Pci nei confronti dell’invasione sovietica della Cecoslovacchia.
Forse, il maggior motivo di interesse di questo libro è costituito da quanto ci rivela indirettamente sul difficile mestiere di ambasciatore italiano. Non è facile, infatti, rappresentare all’estero un paese come l’Italia, il cui ruolo internazionale è generalmente subordinato non solo agli Stati Uniti ma anche agli altri paesi dell’Europa Occidentale. In questa situazione, si rischia di passare senza lasciare alcuna traccia o, al contrario, di richiamare un’attenzione eccessiva per qualche iniziativa ?sopra le righe?. Sono rischi di cui Chelli si mostra consapevole e a cui egli ha cercato di sottrarsi percorrendo una difficile via intermedia.

Agostino Giovagnoli