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Claudio Pavone – Prima lezione di storia contemporanea – 2007

Claudio Pavone
Roma-Bari, Laterza, VIII-236 pp., Euro 10,00

Anno di pubblicazione: 2007

Questo libro è molto più di una «prima lezione» ed è solo in parte un’introduzione alla storia contemporanea. Benché i suoi riferimenti e i suoi esempi attengano per lo più ai secoli XIX e XX, infatti, Pavone tende sempre a risalire dalle considerazioni di metodo ad un livello teorico. Specie alcuni dei sette capitoli dell’opera (1. Legittimità della storia contemporanea; 2. Libertà, causalità, casualità; 3. Memoria e storia contemporanea; 4. Fonti; 5. Scrivere storia contemporanea; 6. Periodizzazione; 7. Ottocento e Novecento: un itinerario) sono densi saggi di teoria ed epistemologia della storia, il cui rilievo va oltre l’età contemporanea e investe i fondamenti della disciplina.Penso in particolare ai capp. 1, 2 e 5, quest’ultimo in gran parte dedicato al rapporto fra storia, politica e scienze sociali. Ne emerge una concezione della storia sorretta da un’alta tensione etica e civile, equilibrata e opposta a «qualsiasi forma di reductio ad unum» (p. VII). In un paese in cui «spesso le teorie passano di moda prima di essere state messe alla prova in ricerche di lunga lena» (p. 124), Pavone si richiama a un canone che viene da lontano, condividendo con alcuni degli autori che più paiono essergli cari (da Bloch a Le Goff, da Pomian a Koselleck) sia l’ancoraggio a una tradizione consolidata che la cura per il suo rinnovamento. Tanto più necessario, questo, perché «il corso storico diventa sempre più rapido e complicato» ed è «come se la storiografia quasi non fosse più in grado di tenere il passo con la storia» (L. von Stein, 1843, cit. a p. 6).Che Pavone non abbia mai smesso di guardare avanti appare fra gli altri dal cap. 4, in cui alla sua eccezionale competenza si somma una notevole sensibilità per le nuove fonti del nostro tempo. Lo conferma il cap. 6 con una riflessione sui concetti di modernità/contemporaneità e storia moderna/contemporanea (due «coppie oppositive» in parte sovrapposte), che lo porta a «rimettere in discussione la tradizionale distinzione» fra le due età (p. 157). Ne scaturisce, scrive, un intreccio disomogeneo di molteplici, mutevoli periodizzazioni e poiché il termine «moderno» ha senso solo per contrasto, ciò conferisce «alla stessa contemporaneità storiografica un significato difficile da trasformare in un preciso criterio di periodizzazione» (p. 158). Di questa visione complessa e aperta della storia contemporanea l’a. non trae però tutte le conseguenze, accogliendo infine l’opinione prevalente che colloca la storia contemporanea nei secoli XIX e XX.Altro vi sarebbe da dire su questioni pure qualificanti, come quelle relative al rapporto tra storia e memoria o ai temi dello Stato, della rappresentanza politica e dei diritti, lungo i quali Pavone traccia un suo «eurocentrico» itinerario attraverso i due secoli. Se del suo libro ho sottolineato gli aspetti più generali, tuttavia, è perché esso ha il respiro di un «classico». L’a. lo giudica un «tentativo di mediazione tra le domande stratificatesi nel corso di una ormai lunga vita» (p. VII) e quelle degli studenti: anche se si tratta di una «prima lezione» tutt’altro che facile, c’è solo da augurarsi che il tentativo riesca.

Tommaso Detti