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Con altra voce. La traduzione letteraria tra le due guerre

Edoardo Esposito
Roma, Donzelli, 169 pp., € 25,00

Anno di pubblicazione: 2018

La storia, anzi la cronaca, delle traduzioni letterarie del periodo fascista, e in parti- colare degli anni compresi tra le due guerre mondiali, può essere intesa anche come una narrazione del dialogo culturale tra Italia ed Europa, tra Italia e Stati Uniti.
Mentre di questo dialogo – che si presenta come un «gioco complesso di curiosità e interessi, di sospetto e di contraddizioni» (p. 7) sul quale solo limitatamente gravavano interventi censori – è stata finora privilegiata la lenta costruzione, cinematografica e letteraria, del mito d’America, l’a. esplora in questo libro i risvolti meno noti, ma altrettanto importanti al fine di sondare le dinamiche di tale polmonare aprirsi e chiudersi della cultura e dell’immaginario italiano verso le letterature straniere.
Esposito – docente all’Università di Milano – nella sua accuratissima ricerca ricca di dettagli comparativi tra i testi di partenza e quelli d’arrivo, si sofferma in particolare sulle riviste, da «Il Baretti» a «900» a «Primato», su collane come la Biblioteca Romantica (fondata nel 1930 da Arnoldo Mondadori), su case editrici come Slavia, attiva tra 1926 e 1934 sotto la direzione di Alfredo Polledro, e promotrice delle prime traduzioni italiane di autori come Puškin, Dostoevskij e Tolstoj. Non poche le sorprese e le stranezze, relativamente a titoli e autori tradotti, e non poche le «contraddizioni» una volta che la lente dello studioso si sposta dagli aspetti quantitativi, a quelli qualitativi. Un esempio è rappre- sentato dalle vicende legate alla traduzione, per la citata collana Romantica (XII volume della serie, apparso nel 1931), de I demoni dostoevskiani, la cui versione italiana affidata a Rinaldo Küfferle e largamente modificata senza il consenso del traduttore, da un redattore anonimo, rimase nel catalogo Mondadori ben oltre la morte di Küfferle nel 1955.
Ma lo studio di Esposito non solo è ricco di dettagli, che ben illustrano quanto fosse ancora esiguo il peso e il prestigio culturale di traduttori che non fossero al con- tempo autori affermati; esso ha il merito di riprendere e approfondire anche una serie di vicende relative all’operato dei ben noti «americanisti», e a paradossi più conosciuti come l’uso sistematico da parte di Elio Vittorini delle traduzioni interlineari e strumentali di Lucia Rodocanachi, anche lei catalizzatrice e mediatrice culturale passata nel dimenticatoio (mentre sia la bellezza, sia gli strafalcioni traduttivi di Vittorini continuarono ancora molto a lungo a forgiare la lente linguistica e lessicale, oltre che la tonalità stilistica, con le quali l’Italia «guardava» all’America).
La storia di un dialogo culturale, quindi, ma anche la storia dell’affinamento di pratiche e di teorie traduttive; sono queste ultime a essere sapientemente decantate dall’a. in un capitolo nel quale ricostruisce il dibattito svolto, ancora una volta, su riviste come «La Cultura» o su «Pègaso»: un dibattito ricco di elementi anticipatori e affascinante termometro della vita culturale, vivace e contraddittoria anche solo per il complesso gioco tra censura e autocensura, di un periodo storico sul quale vale sempre la pena tornare criticamente.

Nora Moll