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Credere tradire vivere. Un viaggio negli anni della Repubblica

Ernesto Galli della Loggia
Bologna, il Mulino, 355 pp., € 25,00

Anno di pubblicazione: 2017

«Appartengo a una generazione di italiani, infatti, che potrebbe dirsi condannata alla politica» (p. 7). Ecco: fra privato e pubblico, un privato che illumina dinamiche più vaste. Da leggere – come nella rubrica degli antichi «Quaderni piacentini»: un riferimento per il lettore senior più che junior, appropriato alla traversata, esistenziale e politica, di un autore del 1942. Viviamo in piene presunzioni di individualismo ombelicale. Le folle individuali – spesso di giovani – che Galli ci racconta, sono invece intrecci di relazioni, effetti di rimbalzo, soggetto e oggetto di mutazioni di ruppo, noi nomadi, un mondo di ex che si considerano coerenti.
L’a. pregia la discontinuità. Incoraggia al cambiamento. Non nasconde il risentimento che lo ha mosso a questo libro, in cui parla di sé, per parlare di tutti: gli han dato del trasformista, del voltagabbana. È vero, ma lo siamo stati tutti, era giusto così, si cambia, si deve cambiare. Si vive. Il titolo provocatorio vuol dire questo, seguito da un sottotitolo più tranquillo. Nel paese di Crispi e di Mussolini, della dedizione liberale al fascismo e del trapasso repentino e di massa a un postfascismo legittimato come antifascismo, la questione è cruciale. Galli la risolve in positivo e a tesi, ma c’è un punto in cui tocca la corda drammatica: l’8 settembre 1943, quando il passaggio di campo pone i cittadini nella «scomodissima posizione morale» e materiale «di dover essere o dei “voltagabbana” rispetto al proprio passato e al precedente regime, o dei traditori» (p. 75). La cifra del libro non è questa. È più volubile. Si poteva iscriversi nei primi ’60 al Psi, con passaggi generazionali nei gruppi di Nuova Sinistra (P.O., ma se ne dice poco), continuando però con la scheda Pci sino al 1976, quando l’idea di Pajetta agli Interni lo fa votare radicale; c’è «Paese Sera», il romanissimo foglio dei compagni di strada, per tutto il tempo che non si può, fra «normali» intellettuali, figurare come «anticomunisti»; e poi l’approdo alle speranze di capovolgimento dell’egemonia a sinistra con Craxi, il Noske italiano. Qui Galli e il suo gruppo fanno «Mondo Operaio», il nuovo nel vecchio.
Impossibile riassumere qui il cumulo di incontri e di spunti. Un rilievo: bisogna cambiare, ma il cambiamento è solo quello che piace all’a., verso un’alternanza di governo senza più fisime? Perché quando la Nuova Sinistra vuole cambiare rispetto alla sinistra storica, non va bene? E perché, astiosamente, se Parri e altri ex azionisti si avvicinano alle sinistre, i «venerabili maestri» diventano frivoli e fuorvianti? Qui l’autobiografia si fa dominante sulla storia. Compresa l’insofferenza per i laici in quanto tali, che si autoescludono dalla realtà del paese. È solo un accenno, non un tema svolto: una autobiografia è selettiva, e questa non lo è da meno.

Mario Isnenghi