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Crimini di guerra. Storia e memoria del caso italiano

Alberto Stramaccioni
Roma-Bari, Laterza, XIV-180 pp., € 20,00

Anno di pubblicazione: 2016

L’a., docente presso l’Università per stranieri di Perugia, si era già occupato della
tematica dei crimini di guerra italiani in alcuni lavori precedenti. Inoltre, ha fatto parte –
come parlamentare – della Commissione bicamerale d’inchiesta che tra 2003 e 2006 ha
indagato le cause dell’occultamento dei fascicoli sui crimini nazifascisti.
Mette quindi a frutto queste esperienze consegnandoci un volume di sintesi, dal taglio
divulgativo e descrittivo, che lega assieme vicende e storie relative ai crimini di guerra che,
dall’Unità alla seconda guerra mondiale, hanno coinvolto gli italiani nel duplice ruolo di
«carnefici» e «vittime», spiegando anche perché questo insieme di esperienze sia rimasto
espunto, almeno sino all’ultimo ventennio, dalla memoria collettiva e pubblica nazionale.
L’a. definisce in avvio una cornice più ampia, rappresentata dalla progressiva definizione
del tema «crimini di guerra» (e poi di quelli contro la pace e contro l’umanità),
del diritto e della giustizia penale internazionale, dalle conferenze de l’Aja ai processi
postbellici di Norimberga e di Tokyo, dalle convenzioni dell’Onu ai più recenti Tribunali
internazionali (ex Jugoslavia, Ruanda, ecc.).
Il soggetto principale è però rappresentato da una carrellata, forse sin troppo rapida,
delle atrocità compiute o subite dagli italiani. Non manca qualche stranezza, come
l’incipit dedicato alla lotta al brigantaggio, esperienza che avrebbe visto l’esercito sabaudo
compiere «ante litteram, i primi crimini di guerra o crimini contro l’umanità» (p. 17), o
ancora il riferimento, piuttosto fuori contesto, alla strage di Malga Porzus.
La narrazione si centra nella prima parte sulla storia del nostro colonialismo, dall’Eritrea
all’Etiopia passando per la lunga guerra in Libia, sino ad arrivare alle pagine meno
nobili della guerra di Mussolini, dai Balcani alla Grecia sino alla campagna di Russia. L’a.
predilige un approccio quasi esclusivamente descrittivo, una scelta non del tutto convincente,
visto che ad esempio, in relazione alla guerra fascista, si perdono le specificità
dei contesti, la complessità delle dinamiche politiche e amministrative che presiedono
alle pratiche repressive, non aliene da tensioni e conflitti interni, l’intreccio tra i diversi
schemi culturali (le dottrine di controguerriglia, l’anticomunismo, il razzismo, ecc.) che
stanno dietro alle violenze. Tutti temi che peraltro la storiografia italiana, ampiamente
citata nelle note – che occupano un terzo del volume (pp. 126-165) e sono una utile guida
bibliografica ai temi affrontati –, ha preso in esame da tempo, con il merito, oltretutto,
di inserire queste vicende entro la più ampia riflessione sulla storia della guerra in età
contemporanea.
Più riuscita appare invece la seconda parte, dedicata alle stragi naziste e fasciste del
1943-1945, e in particolare la puntuale ricostruzione delle vicende (pur ormai note) che
portano alla mancata punizione dei responsabili nell’Italia del dopoguerra. Una pagina di
storia destinata a segnare (e in buona misura obliare) la memoria del conflitto e dei suoi
crimini di guerra lungo tutti gli anni della Repubblica.

 Gianluca Fulvetti