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Cristina Badon – Le vie dell’Italia unita. La politica stradale italiana nell’epoca delle ferrovie (1850-1900) – 2011

Cristina Badon
Firenze, Nerbini, 160 pp., Euro 20,00

Anno di pubblicazione: 2011

Una delle prime preoccupazioni affrontate dallo Stato unitario al momento del suo debutto fu la realizzazione di una rete di infrastrutture. Il modello seguito nei primi anni fu quello francese, all’interno del quale il ruolo dei tecnici, degli ingegneri in particolare, venne massimamente esaltato. Nei GrandsTravauxalmeno per un decennio si riflessero le aspirazioni della borghesia italiana a diventare un grande paese. Dunque si investì molto sia nella nascente rete ferroviaria sia per dare un aspetto più moderno a quella stradale, le cui condizioni al 1861 non erano delle migliori, soprattutto per le strade provinciali e comunali, ed era praticamente priva di valichi di frontiera, dunque bisognosa di interventi consistenti al fine di garantire in tempi brevi un più alto livello di integrazione economica. La trattazione prende corpo con il 1861, quando si comincia a realizzare fisicamente l’Italia moderna anche attraverso il nuovo sistema infrastrutturale, premessa necessaria per assicurare una vera identità al nuovo paese. Il libro illustra questo processo, ricostruendo le varie fasi della vicenda e sottolineando come, contrariamente a quanto avvenne per le ferrovie, la questione stradale in Italia si sviluppò fin dall’unificazione all’interno della sfera pubblica. Incapaci di produrre direttamente profitti, le strade furono costantemente relegate in un’ottica di chiara subordinazione rispetto alle ferrovie, tanto che ogniqualvolta i percorsi delle strade nazionali coincidevano con quelli ferroviari, erano le prime a subire un declassamento. La tesi di fondo viene più volte ribadita dall’a.: nel secondo ‘800 le strade furono intese e utilizzate assai più come strumento politico-clientelare che come infrastruttura necessaria alla produzione industriale. Mancò dunque anche in questo settore, esattamente come in quello ferroviario, qualunque visione d’assieme, in nome di una diffusa esigenza di assecondare i desideri che sorgevano qua e là sulla penisola al di fuori di un disegno organico dello sviluppo territoriale. Con una scelta condivisibile il libro si ferma proprio al tramonto dell’epoca ferroviaria, quando il motore si affaccia sul proscenio dei trasporti. Il lavoro si dipana seguendo una serie di percorsi, che lo rendono di grande interesse e significatività storiografica: l’esplorazione della normativa e del processo di uniformazione amministrativa, delle tecniche costruttive, del connubio con il servizio postale, il tutto sostenuto da un’apprezzabile larghezza di dati, consegnandoci finalmente una ricerca completa sul sistema della viabilità secondo ottocentesca.

Andrea Giuntini