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Daniele Caviglia, Massimiliano Cricco – La diplomazia italiana e gli equilibri mediterranei. La politica mediorientale dell’Italia dalla guerra dei Sei Giorni al conflitto dello Yom Kippur (1967-1973) – 2006

Daniele Caviglia, Massimiliano Cricco
Soveria Mannelli, Rubbettino, 184 pp., euro 10,00, appendice documentaria su CD-

Anno di pubblicazione: 2006

Storici delle relazioni internazionali rispettivamente presso la San Pio V e l’Università di Urbino, i due autori hanno scandagliato gli archivi diplomatici dei National Archives americani, della Johnson Library, del Ministère des affaires étrangères, della Fondazione Pompidou e del Foreign Office inglese per ripercorrere la storia delle iniziative politico-diplomatiche italiane degli anni che portarono dalla terza alla quarta guerra arabo-israeliana. Daniele Caviglia segue nel primo triennio lo sforzo di Fanfani e Nenni di trasformare l’«equidistanza» inaugurata nella guerra dei Sei Giorni in capacità di mediazione, nella crescente consapevolezza dei vincoli della dipendenza energetica; Massimiliano Cricco restituisce un Moro mosso dalla preoccupazione per la saldatura fra crisi arabo-israeliana e conflitto Est-Ovest, ne giudica le proposte più mirate e pertinenti pur riconoscendone i limiti intrinseci nel ruolo marginale dell’Italia e nell’irrigidimento del conflitto fra le parti; di Medici rimane impresso soprattutto un bruciante giudizio di Pompidou. Pur nelle diverse sfumature che i due autori si sforzano di porre in rilievo, il periodo appare caratterizzato da una sostanziale continuità di obiettivi: cogliere le opportunità diplomatiche create dallo stato di crisi in cui l’intero Mediterraneo precipitava, partecipando allo sforzo a più voci teso a promuovere un compromesso fra Israele e i paesi arabi, nella convinzione che il conflitto fosse il miglior alleato dell’Unione Sovietica nel mondo arabo. Il volume chiarisce le linee ? multilaterali e bilaterali, ma sempre inscritte in un quadro collettivo ? della presenza italiana nella diplomazia mediorientale fra anni ’60 e anni ’70 e offre un florilegio di interpretazioni e commenti degli alleati con i quali i ministri italiani interagiscono. Se le fonti «terze» impiegate permettono di ricostruire l’epifenomeno e la maniera in cui esso venne percepito, la mancanza di documentazione italiana finisce per lasciare nell’ombra le intenzioni e le percezioni del soggetto: chiaro nelle sue diverse formulazioni l’interesse italiano a normalizzare il quadro regionale valorizzando il proprio ruolo diplomatico, rimane oscuro il processo decisionale, la percezione di sé e i postulati/obiettivi che muovono di volta in volta l’iniziativa diplomatica ? la volontà di mediazione, il rapporto privilegiato con Washington, Londra, Israele o i paesi arabi. Né l’interessante intervista a Emilio Colombo riesce a rovesciare la situazione. L’integrazione nel quadro della dimensione economica aiuterebbe forse a illuminare l’eterno interrogativo sul senso ultimo di certo «presenzialismo» da sempre rimproverato alla politica estera italiana.

Elena Calandri