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Daria De Donno – Notabilato e carriere politiche tra Otto e Novecento. Un esempio di ascesa (Giuseppe Pellegrino, 1856-1931) – 2010

Daria De Donno
Galatina, Congedo, 260 pp., Euro 22,00

Anno di pubblicazione: 2010

La discussione sull’essenza del notabilato politico, con richiami ad autori importanti, come Max Weber, prelude alla ricostruzione della biografia esemplare di Giuseppe Pellegrino, avvocato e politico salentino, a lungo amministratore locale e parlamentare. È di grande interesse verificare un metodo politico e un contesto, in cui il notabilato viene a coincidere con il centro di relazioni di un sistema complesso. I diversi livelli del potere locale, dal provinciale al municipale, sono l’humus dell’affermazione personale e dell’ulteriore svilupparsi a livello nazionale di importanti raccordi. Tra i referenti di Pellegrino compaiono i personaggi assai diversi tra loro di una lunga esistenza politica, più o meno decollata intorno al 1884-1885. Spiccano fra tutti, il patriota e deputato Sigismondo Castromediano, Giuseppe Zanardelli, Achille Starace. Tutti servono al notabile locale per omologare agli occhi dei suoi concittadini il consenso necessario alle competizioni elettorali e la caratura politica delle aspirazioni.Sono elementi fluttuanti. Pellegrino è costretto ad una progressiva evoluzione, dal liberalismo democratico, ai postulati del cosiddetto patto Gentiloni, all’adesione al fascismo, trovando la vera continuità nel tessuto sociale e operaio che costituisce l’opposto punto di forza della sua strategia politica. Eppure, dalle carte che con grande perizia maneggia l’a., compare l’immagine di un amministratore attento allo sviluppo della città, Lecce, e del Salento, sollecito nel promuovere forme di mutualismo, cooperazione bancaria e popolare, società assistenziali, un terreno in cui coltiva per decenni l’elettorato. Il suo modello notabilare rispecchia la forza delle professioni che, nell’800 italiano, e specialmente nel Mezzogiorno, rappresenta un perno della coesione sociale, la base fondamentale del successo politico di una borghesia oscillante tra la conservazione degli equilibri fondamentali di potere sul territorio e la visione prudentemente progressiva del mondo che amministra. Le carte di un archivio solo intravisto da altri offrono alla studiosa un materiale di prima mano per la lettura della società italiana in cui si intrecciano le proclamazioni dei manifesti elettorali e dei libelli con un cinico fare dai risvolti ambigui. Talvolta lo studio inclìna ad assumere come metro di lettura i propositi di Giuseppe Pellegrino e dunque a trarne valutazioni positive, altre volte l’esame delle carte sottolinea come dietro il procedere politico del notabile si agitino interessi ed ambizioni personali. Notabilato, per Pellegrino, appare termine preferibile ad élite, per il prevalere dell’elemento politico-amministrativo su un più ambizioso sistema di relazioni sociali e familiari. Pellegrino tiene insieme un reticolato di cellule del potenziale consenso e le collega con il potere nazionale. In fondo, le difficoltà vissute con il fascismo cui pure il vecchio politico concorre con sostanziale coerenza di fondo, dicono che, comunque, con la guerra mondiale, quel modello di notabilato è andato in crisi, ma la prassi di cui Pellegrino è maestro rimarrà sempre al fondo del panorama italiano al di là dei diversi contesti che si susseguiranno.

Fabio Bertini