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Didier Musiedlak – Lo Stato fascista e la sua classe politica 1922-1943 – 2003

Didier Musiedlak
Bologna, Il Mulino, pp. 585, euro 32,00

Anno di pubblicazione: 2003

Il libro di Musiedlak rappresenta un importante contributo per lo studio del sistema istituzionale fascista. Nonostante l’indubbia vitalità della storiografia più e meno recente sul regime, l’ambito delle istituzioni ? tanto quelle proprie del fascismo quanto quelle perdurate sotto il fascismo ? non ha infatti ricevuto sino ad oggi l’attenzione che merita: sono rimasti in ombra istituti di primario interesse e non si sono affrontati capitoli di storia istituzionale e politica dirimenti al fine di comprendere alcune linee di fondo del fascismo italiano.
In questo panorama, dove è dunque mancata una messa in luce del ?meccanismo decisionale all’interno dell’apparato statale? (p. 9), una ricerca sulle due Camere appare di estrema utilità. Grazie a un’esaustiva ricognizione archivistica (l’autore ha lungamente ?scavato? negli archivi storici della Camera dei deputati e del Senato) si analizzano nel volume le strategie con cui venne portato avanti il processo di trasformazione dello Stato durante il ventennio. Si punta a comprendere, ?nel concreto?, la natura del fascismo, nel suo essere, secondo la nota definizione, un totalitarismo imperfetto. In questo senso Musiedlak mostra la gradualità con cui Mussolini procedette nella integrazione di ampia parte delle élites liberali nel progetto fascista, nel ricambio della classe politica e nella riforma delle strutture politiche. L’operazione non fu semplice, e i conflitti che si determinarono lo attestano. Qui stanno gli elementi di maggiore originalità di questo denso volume. Viene dato risalto alla dialettica presente nel regime, il quale non potendo fondarsi soltanto sulla coercizione, necessitava di un sistema di produzione legislativa. Quest’ultimo rimase così in vigore e, sebbene toccato da importanti riforme, partecipò ?tecnicamente? alle politiche fasciste. Senatori e deputati assunsero sempre più il ruolo di ausiliari dell’esecutivo, chiamati a legittimare con le loro competenze tecniche e attraverso la procedura legislativa le scelte politiche del regime, le quali però in quanto politica furono preparate ?alla base dal duce, dalla burocrazia fascista e dal Partito? (p. 558).
I protagonisti furono numerosi: il duce, chiamato a intervenire, e soprattutto a mediare in prima persona tra più poteri ?paralleli?; il Partito in continua espansione; gli ?esperti? ? i parlamentari stessi ? attivati in virtù delle loro specifiche competenze.
A fronte delle preziose indicazioni fornite sia dallo studio prosopografico del personale politico in carica tra il 1922 e il 1943, sia dall’analisi del funzionamento delle Camere, ci si chiede però quanto sia possibile tracciare, come l’autore sembra fare, una così netta distinzione tra ?la politica? e ?la tecnica?, o quanto invece, nella nuova società di massa degli anni Trenta, non sia stata la politica stessa a mutare la propria fisionomia rendendo difficili, nel concreto dei processi governamentali, una così rigida distinzione. La spinta che se ne trae è comunque a indagare ancora sulla fitta rete di istituzioni centrali e periferiche tipica del fascismo, nei loro intrecci, sovrapposizioni e momenti di conflittualità.

Chiara Giorgi