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Diego Giachetti – Anni Sessanta comincia la danza. Giovani, capelloni, studenti ed estremisti negli anni della contestazione – 2002

Diego Giachetti
Pisa, BFS Edizioni, pp. 240, euro 18,00

Anno di pubblicazione: 2002

La percezione del mondo giovanile negli anni Sessanta, stando alle rappresentazioni che ne diedero giornali e rotocalchi, cambiò profondamente nel giro di poco tempo: considerati inizialmente frivoli, privi di ideali e disimpegnati, i giovani divennero capelloni e beat alla metà del decennio e poi studenti, estremisti e rossi con l’insorgere delle lotte negli anni attorno al ?68. Si trattava, principalmente, di rappresentazioni allarmistiche e allarmate che nascevano dalla difficoltà di comprendere il diffondersi di una ribellione culturale ed esistenziale nella quale il crescente e sempre meno sotterraneo rifiuto della rigidità di convenzioni sociali e istituzioni (la scuola, la famiglia, l’associazionismo politico giovanile istituzionale e anche, per i giovani operai, la fabbrica e la ?cultura del lavoro?) si accompagnava a una profonda frattura generazionale che opponeva i giovani cresciuti nell’Italia repubblicana a genitori e insegnanti formatisi nel periodo fascista.
Diego Giachetti, storico dei movimenti sociali e autore di numerosi studi sui conflitti studenteschi e operai nell’Italia degli anni Sessanta e Settanta, ricostruisce con cura le tappe della maturazione politica e culturale della generazione che sarebbe stata protagonista del ’68 e delle lotte politiche e sociali degli anni seguenti, illuminando un tema solo da pochi anni al centro di una, ancora timida, attenzione da parte della storiografia; muovendosi dunque in accordo con quell’interpretazione, ormai largamente condivisa, che inserisce l’evento ’68 all’interno di una più vasta, decennale o ventennale, ?stagione dei movimenti?.
Il fenomeno è ripercorso da Giachetti attraverso i riflessi che ebbe sulla stampa, sulle coeve inchieste sociologiche e sulle riviste giovanili e soprattutto mediante un ampio studio dei testi delle canzoni (rock e beat), principale veicolo di espressione e trasmissione dei diffusi sentimenti giovanili di disagio e rivolta. Pur avvalendosi di una grande quantità e varietà di fonti, non sempre Giachetti riesce a evitarne gli effetti distorcenti, soprattutto quando cerca in esse non solo tracce e sedimentazione delle rappresentazioni del mondo giovanile ma anche indicazioni sulla effettiva condizione dei giovani. Che fu certo infinitamente più complessa e articolata di quanto non possa apparire dalle canzoni e dai giornali, e certo non interamente riconducibile ai percorsi di rivolta e politicizzazione.
Molti comunque sono i temi che emergono dal libro, anche se, a dire il vero, non tutti esaurientemente sviluppati. Maggiore attenzione o quantomeno maggiore problematizzazione avrebbero infatti meritato il nesso tra nuovi bisogni e crisi delle vecchie appartenenze da un lato e miracolo economico dall’altro e il ruolo svolto dall’industria culturale, capace di integrare empiti di ribellione e contenuti di rottura in prodotti commerciali di vasta diffusione. Esaustiva e ben articolata è invece l’analisi delle paure e delle diffidenze dell’opinione pubblica benpensante e delle resistenze e incomprensioni di gran parte delle forze di sinistra, sintomo e causa del declino della capacità attrattiva che partiti e sindacati riuscivano a esercitare sulle nuove generazioni.

Alessio Gagliardi