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Dietro al microfono. Intellettuali italiani alla Radio svizzera (1930- 1980),

Nelly Valsangiacomo
Bellinzona, Edizioni Casagrande, 176 pp., € 34,00/CHF 38,00

Anno di pubblicazione: 2015

La rinnovata popolarità della radio sembra sollecitare anche la ricerca storica, con
particolare riguardo al cruciale periodo tra le due guerre, quando la radio fu efficace strumento
di propaganda nelle mani delle dittature fascista e nazista, e al tempo stesso veicolo
di cultura nell’esperienza della Bbc (1922). E proprio alla Bbc s’ispirava la piccola Radio
della Svizzera Italiana (Rsi, allora Radio Monte Ceneri), alla quale Nelly Valsangiacomo
(Università di Losanna) ha dedicato un’accurata ricostruzione basata su fonti di prima
mano, con particolare riguardo alla programmazione culturale nel primo mezzo secolo
di vita.
Radio Monte Ceneri nasce agli inizi degli anni ’30 grazie a una fortunata combinazione
di circostanze. Il plurilinguismo e il federalismo offrono alla piccola Svizzera italiana
(soltanto 160 mila abitanti) la possibilità di creare una radio nazionale di servizio pubblico
in lingua italiana. Ma fu subito chiaro che le risorse intellettuali disponibili in un
cantone privo di università non erano sufficienti per il compito di promuovere e difendere
la lingua e la cultura italiana. Da qui la necessità di un rapporto stabile e continuo con gli
intellettuali italiani che, sia pure in forme attenuate, dura ancora oggi.
Questo legame organico però, nei primi anni, dovette fare i conti con la diversità dei
regimi politici. Dopo la seconda guerra mondiale prese forma il mito di Radio Monte Ceneri
quale sola voce libera in lingua italiana, in stridente contrasto col ruolo propagandistico
svolto dell’Eiar. L’intervento di Benedetto Croce nel 1936 diverrà l’evento fondativo
in questa costruzione di una memoria antifascista. La ricerca di Valsangiacomo non mette
radicalmente in discussione l’interpretazione corrente, ma ha il pregio di fissare i limiti, la
complessità e l’inevitabile ambivalenza di questa relazione. Certo il regime fascista ascoltò
sempre con attenzione e talvolta con preoccupazione quanto veniva diffuso oltre confine;
e Radio Monte Ceneri promosse i valori democratici svizzeri senza incertezze. Ma vi erano
poi anche rapporti di cordiale collaborazione con l’Eiar, senza contare che gli intellettuali
italiani avevano bisogno di un permesso per varcare il confine… Da qui inevitabilmente
un atteggiamento di cautela quando si parlava di politica italiana. E accanto a Benedetto
Croce vi fu spazio anche per voci gradite al regime, quali Massimo Bontempelli o padre
Agostino Gemelli.
In questa prospettiva una visione tradizionale della cultura, per esempio proposta
nella forma della conferenza, risultò anche utile. Ma una volta cessata l’urgenza, con il
ritorno della democrazia in Italia, negli anni ’50 e ’60 si esplorarono nuove e più moderne
forme di programmazione culturale, con un linguaggio specifico, aprendo anche
all’intrattenimento e all’informazione con la nuova figura del «giornalista culturale». Ma
a questo punto forse è ormai minore la peculiarità di questa radio di lingua italiana fuori
d’Italia.

 Claudio Visentin