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Dino Mengozzi – La morte e l’immortale. La morte laica da Garibaldi a Costa – 2000

Dino Mengozzi
Lacaita, Manduria-Bari-Roma

Anno di pubblicazione: 2000

Lo studio di Mengozzi si colloca all’incrocio fra vari territori di ricerca che hanno suscitato negli ultimi anni l’interesse degli storici dell’età contemporanea. In primo luogo ovviamente la morte, con le pratiche e le rappresentazioni a essa collegate, indagata con tecniche mutuate dall’antropologia e dalla psicologia e utilizzata come chiave di lettura delle trasformazioni sociali e politiche dell’Italia a cavallo fra ‘800 e ‘900. Quindi il processo di laicizzazione della società, che conobbe una delle tappe più significative proprio nel passaggio della gestione della morte dalla chiesa allo Stato liberale, giustificata anche dalle urgenze dell’igiene e concretizzatasi fra l’altro nella costruzione dei cimiteri pubblici, e nel suo “addomesticamento”, dovuto anche all’affermarsi di un associazionismo di tipo mutualistico che contribuì a modificare l’atteggiamento popolare verso la morte, rendendola meno minacciosa. Infine la nazionalizzazione delle masse, la diffusione di religioni laiche, la sacralizzazione della politica, tutti temi sui quali si è di recente soffermata la storiografia sull’Italia liberale e fascista e che qui trovano un solido ancoraggio nella descrizione attenta dei nuovi rituali connessi alla gestione laica della morte. Questa risulta ad un tempo momento essenziale della fondazione di una nuova morale e fonte di sacralità per le religioni politiche che vanno definendo il proprio profilo in questi anni: quella liberale, quella radical-repubblicana, quella socialista.
L’autore elabora un modello di analisi basato sull’ipotesi che si vada definendo in questo periodo un “sistema” della morte laica, che è caratterizzato da alcuni passaggi ben precisi: l’agonia, che in ambito laico si dilata fino a trasformarsi in un luogo di confronto collettivo, testimonianza di una coerenza antireligiosa che si manifesta spesso nell’impenitenza finale; la morte, che diviene oggetto, specie coi funerali civili, di una complessa ritualità: la visita alla camera ardente, il folto e ben strutturato corteo funebre, gli elogi pubblici, tutti elementi costitutivi di una risposta di massa al rito di separazione dal morto che già prelude ai due passi successivi: il giudizio (manifestato anche attraverso i necrologi) e l’immortalità. Mengozzi, oltre a fornire un quadro generale sul trattamento della morte e sui funerali civili in età liberale, utilizza questo suo modello per l’analisi di tre casi, la morte e le esequie di Garibaldi, Saffi e Costa, che nelle loro diverse rappresentazioni scandiscono il passaggio dal funerale “nazionale” dell’eroe di Caprera al funerale “rosso” del vecchio cospiratore anarchico che aveva traghettato il partito socialista dentro le istituzioni.
Il volume è denso di implicazioni e ricco di stimoli. È sorretto da un confronto serrato con la migliore storiografia in materia, a cominciare dall’opera di Michel Vovelle, con il quale Mengozzi ha collaborato e che firma la Prefazione. Sebbene appesantito qua e là da qualche ripetizione, il libro offre importanti suggestioni interpretative e resterà sicuramente un prezioso punto di riferimento per i futuri studi sull’Italia laica.

Fulvio Conti