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Dino Mengozzi – Sicurezza e criminalità. Rivolte e comportamenti irregolari nell’Italia centrale 1796-1861 – 1999

Dino Mengozzi
Franco Angeli, Milano

Anno di pubblicazione: 1999

Il volume esamina, secondo la più recente riflessione storico-antropologica, casi diversi di violenze, di paure e di conflitti sociali che hanno interessato le comunità dell’Italia centrale tra la fine del ‘700 e il primo ‘800. Il tema della violenza è affrontato su un duplice versante: quello politico, che ruota attorno alla crisi dell’ordine pubblico delle società di antico regime, e quello sociale-antropologico, che investe aspetti diversi del vivere civile: le forme della violenza privata, i diversi codici dell’onore, le discriminazioni sociali. In relazione al tema politico, sulle tracce delle ampie ricerche condotte ad esempio anche da Anna Maria Rao, viene radicalmente rivisitata l’interpretazione, tutta politica, che ha attribuito ai moti popolari dell’Italia centrale del 1796-97 un carattere essenzialmente antifrancese. Divenute nell’immaginario politico-ideologico simboli della controrivoluzione, queste rivolte rivelano al contrario elementi profondamente tradizionali: il venir meno del fragile equilibrio tra città e campagna, la fine di antichi privilegi, le paure verso lo straniero, un uso alquanto originale dei simboli religiosi e delle credenze popolari. In pagine molto significative, questi elementi non vengono banalmente presentati come frutto della propaganda e del potere ecclesiastico, ma come contesti in cui “il miracoloso fuoriesce dai quadri istituzionali di gestione del sacro e si presenta come protesta e autorganizzazione” (p. 33).
Sul secondo versante, vengono analizzate forme diverse di criminalità nella realtà montanara della Romagna e Toscana: casi di violenza sessuale, la pratica del contrabbando, il fenomeno del banditismo. Il bandito, più che uomo libero ed eroe popolare, appare una figura al centro di numerose reti di relazioni e di trasformazioni comunitarie. Proprio alcuni briganti della banda del Passatore invadono, nel gennaio del 1851, la casa di Forlimpopoli del celebre gastronomo Pellegrino Artusi. L’episodio, che contribuisce alla decisione della famiglia di trasferirsi a Firenze e vendere l’avviato negozio di mercanzie, conclude e rende manifesta un’intolleranza che la comunità aveva già espresso verso la famiglia Artusi. La sorella Geltrude, morta pazza in manicomio, conclude il cursus negativo della famiglia.
Il volume costituisce un ottimo esempio del valore euristico che un approccio di tipo antropologico può assumere nella rilettura di eventi interpretati esclusivamente in chiave politica; tuttavia i diversi capitoli, in parte già pubblicati in versioni diverse, conservano un’autonomia forse troppo delineata a svantaggio di una più auspicabile compattezza del volume; aspetto cui neppure l’Introduzione è riuscita compiutamente a porre rimedio.

Vinzia Fiorino