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Diomede Ivone – Raffaele Guariglia e la diplomazia epurata 1944-1946. Un oscuro capitolo dell’Italia postfascista – 2002

Diomede Ivone
Napoli, Editoriale Scientifica, pp. 232, euro 20,00

Anno di pubblicazione: 2002

Il tema dell’epurazione al termine del regime fascista non ha suscitato che un parziale interesse da parte della storiografia (con le eccezioni di volumi come quelli di Lamberto Mercuri e di Hans Woller). Quanto poi all’impatto dell’epurazione sul corpo diplomatico, le ricerche risultano ancor più sporadiche. Si ritiene comunque che, a dispetto dei tentativi di fascistizzazione, gran parte dei diplomatici sarebbe stata esente da un’adesione convinta al regime e che, d’altronde, con la caduta del regime molti di loro avrebbero dichiarato rapidamente la loro fedeltà al Regno del Sud, finendo così con l’evitare il processo di epurazione. Il libro di Diomede Ivone risulta quindi a prima vista di particolare interesse perché pare affrontare una questione in larga misura inesplorata.
Nel primo capitolo l’autore traccia una breve storia delle origini del processo di epurazione, mentre nel capitolo successivo, dopo aver delineato le strutture e le competenze del Commissariato per le sanzioni contro il fascismo, concentra l’attenzione sull’opera di defascistizzazione compiuta nell’ambito del ministero degli Esteri. Nel terzo e ultimo capitolo egli prende in considerazione alcuni ?test case? (Raffaele Guariglia, Dino Grandi, Renato Prunas, Blasco Lanza d’Ajeta e Giuseppe Bastianini). Ogni capitolo è corredato da un’ampia appendice documentaria (carte dell’Archivio Centrale dello Stato e dell’Archivio Storico Diplomatico del Ministero degli Affari Esteri).
Ivone sostiene che l’epurazione agli Esteri risultò abbastanza netta, sottolineando come oltre il 30 per cento del personale diplomatico-consolare venisse rimosso dall’incarico. Ciò nonostante, provvedimenti successivi (reintegrazione, amnistia, indulto, ecc.) avrebbero finito con il vanificare questa apparente severità. Per ciò che concerne i ?test case? analizzati, essi appaiono molto diversi fra loro. Grandi e Bastianini erano due politici fascisti, che avevano ricoperto incarichi quali ministro e sottosegretario agli Esteri; Guariglia era un diplomatico di carriera, che aveva però assunto la funzione di ministro nei ?quarantacinque giorni? di Badoglio. Di particolare interesse appaiono i casi dei diplomatici di carriera: quanto a Prunas, le azioni nei suoi confronti vennero sospese visto l’importante ruolo da questi ricoperto nel Regno del Sud; per ciò che riguarda il secondo, parve difficile trovare prove di una adesione reale al fascismo oltre le normali scelte di un funzionario dello Stato durante il ventennio.
Il tema avrebbe offerto con tutta probabilità l’opportunità per ulteriore approfondimento; l’analisi si arresta d’altronde all’immediato dopoguerra, mentre sarebbe risultato importante verificare l’evoluzione delle posizioni e del ruolo dei diplomatici italiani con l’avvento della repubblica; gran parte del personale diplomatico entrato in carriera durante il fascismo avrebbe infatti svolto funzioni di rilievo sino agli anni Sessanta. Sarebbero inoltre risultati utili complementi del volume un capitolo conclusivo e una bibliografia.

Antonio Varsori