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Domenico Fisichella – Il miracolo del Risorgimento. La formazione dell’Italia unita – 2010

Domenico Fisichella
Roma, Carocci, 218 pp., Euro 15,00

Anno di pubblicazione: 2010

Nell’abbondanza di pubblicazioni legate ai 150 anni dell’unificazione, eccessiva e a volte molesta, il lavoro di Fisichella costituisce quasi certamente un unicum. Per lo stile, sempre magistrale ma non alieno da toni paternamente colloquiali; per il taglio cronologico e per la tesi, che vede nella Monarchia sabauda lo strumento unico, necessario e provvidenziale per cui si realizza il «miracolo del Risorgimento».Nei primi otto capitoli le origini e lo sviluppo prima di un popolo, e poi di una nazione italiana sono ricostruiti attraverso i momenti cruciali dell’età medioevale e moderna, sottolineandone i principali fattori di ritardo nel quadro dell’Europa occidentale: particolarismo e frammentazione, peso politico della Chiesa cattolica, debolezza degli organismi statuali.All’età risorgimentale è dedicata la seconda metà del volume in cui, progressivamente, le vicende della penisola si subordinano a quelle del Regno di Sardegna, o meglio ancora della dinastia sabauda come artefice dell’unificazione. Un destino che viene da lontano, se la scelta del conte Umberto II di Savoia di assumere il titolo di marchese di Torino alla fine dell’XI secolo, è letta come simbolo ab initio «della graduale affermazione di una vocazione nazionale che legherà in un intreccio sempre più stretto la storia della Dinastia alla storia dell’unità istituzionale e civile della nazione italiana» (p. 22). In quest’ottica tutta l’iniziativa risorgimentale che non fa capo ai Savoia è costituita da sintomi di «insofferenza, inquietudine e volontà di cambiamento» cui «i propositi dei ribelli e delle loro consorterie» (p. 136) non offrono sbocchi, sia per la loro pochezza teorica e pratica, sia perché la repubblica non «non ha senso storico in un’Italia di monarchie restaurate» (p. 137). Di contro sta la solidità dello Statuto Albertino, basata su due scelte precise: «l’opzione riformista rispetto all’opzione rivoluzionaria» e il privilegio concesso al «ruolo della nazione rispetto al nebuloso, inquietante e strumentalizzabile concetto di sovranità popolare» (p. 153) che fa da premessa all’azione sempre più lungimirante e insostituibile dei Savoia nel portare a compimento il «miracolo» dell’unità, oggi di nuovo a rischio.Alla base di una lettura così particolare sta peraltro una dottrina ben precisa: «il principio di nazionalità, se e nella misura in cui ha un potenziale rivoluzionario, va depurato di tale potenziale, va calibrato con il principio di legittimità e con il principio di equilibrio». È questa «la lezione definitiva», alla cui luce risulta chiaro che il miracolo del Risorgimento «non è faccenda per improvvisatori, demagoghi, uomini senza storia e senza vocazione», poiché «occorre aver pratica di storia e dei suoi ritmi per condurre in porto l’impresa» (p. 148).Da questo punto di vista non fa meraviglia che, al di là dei riferimenti a «una storiografia malamente infranciosata» (p. 136), o a «storici di formazione narrativa e aneddotica» (p. 159), il riferimento storiografico cui più spesso Fisichella ricorre sia Niccolò Rodolico, con la sua Storia degli italiani. Dall’Italia del Mille all’Italia del Piave, del 1964, nuova edizione ampliata di un testo del 1954.

Giuseppe Civile