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Domenico Morelli – Lettere a Pasquale Villari, I, 1849-1859 – 2002

Domenico Morelli
a cura e con un’Introduzione di Anna Villari, Napoli, Bibliopolis, pp. CXXIV-382

Anno di pubblicazione: 2002

Dando prova di competenza archivistica e acume storico-biografico, Anna Villari raccoglie e commenta le lettere di Domenico Morelli (Napoli, 1826-1901) a Pasquale Villari, conservate presso la Biblioteca Apostolica Vaticana. Un primo volume con oltre duecento pezzi, che vanno dal 1849 al 1859.
L’epistolario traccia il percorso di una relazione culturale e politica, oltre che psicologica. Da una parte il giovane intellettuale desanctisiano. Dall’altra un pittore che sta appena emergendo nel contesto napoletano ma destinato a dettar legge nell’Italia del secondo Ottocento. Il rapporto è asimmetrico, tanto più interessante dunque: all’amico, Villari suggerisce letture e riletture, propone discussioni colte, fornisce una costante consulenza storico-iconografica (?se puoi farmi sapere quali donne celebri furono amiche di Vittoria Colonna, ti sarò gratissimo?). E poi non si dimentichi che nel 1853 Domenico sposerà la sorella di Pasquale, Virginia.
Di grande rilievo sono anche gli anni del carteggio, tempi tutt’altro che sonnolenti, almeno nelle psicologie di uomini che condividono l’ideologia mazziniana e vivono la frattura del 1848. Un decennio di preparazione persino sul piano individuale, annota Anna Villari. Con i caratteri proteiformi e gli slanci ideologici delle fasi di passaggio. All’indomani dei fatti del 15 maggio, mentre Pasquale si rifugia a Firenze, Domenico continua a vivere a Napoli, si muove all’interno dei circuiti culturali del regime, cresce artisticamente, ha rapporti proficui con i grandi collezionisti-imprenditori cittadini (dal suono straniero, tuttavia), i Vonwiller, i Meuricoffre, i Rothschild. I suoi legami psicologici e artistici con il luogo natale resteranno sempre assai forti. ?Mi sembra di vedere, di udir Napoli in persona?, scrive di lui una volta, dopo averlo rivisto, Francesco De Sanctis. Al tempo stesso, grazie anche al cognato, il pittore sta salpando verso lidi professionali e politici che trascendono di gran lunga i confini borbonici (e pensare che ?era destinato a fare il fabbro-ferraio?, dirà Villari nel 1902, commemorandolo).
Ebbene, il carteggio testimonia simili radici e slittamenti, finendo per illustrare vividamente quel grumo di relazioni ideali, di stimoli materiali, di conoscenze personali ecc. che, dopo tutto, altro non è se non il contesto ? reale e immaginario ? di una nazione che nasce. Qui, la nascita della nazione va parallela alla nascita di un artista, e tutte e due accadono su un terreno aperto a suggestioni culturali e politiche, locali e sovralocali. Quando nel 1855 compirà un lungo viaggio, toccando Milano, Monaco, Londra, Parigi, il giovane non smette un attimo soltanto di osservare, conoscere, comparare, giudicare: paesi e civiltà, artisti e opere d’arte. Esprimendo pareri che ne rivelano la maturazione, l’allargamento degli orizzonti, la capacità di stare in Europa. Sicché non stupisce che, scrivendo al cognato da Bruxelles, lontano dalla sua terra, il napoletanissimo Morelli finisca per avvertire tensioni dal sapore inconfondibile: ?io vorrei essere un grande artista, io lo voglio essere per poter dire: sono Italiano?.

Paolo Macry